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Covid-19: lo strano effetto farfalla che lega il virus ai rinoceronti africani

Le conseguenze del lockdown hanno inciso drasticamente sul bracconaggio

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Una farfalla batte le ali a Pechino e a New York arriva la pioggia invece del sole”. Con queste parole Ian Malcolm, personaggio del film Jurassic Park, spiegava la teoria del caos alla paleobotanica Ellie Sattler. Con “effetto farfalla” si intende in fisica quella “dipendenza sensibile alle condizioni iniziali” presente nella teoria del caos. Tutto ciò per dire che piccole variazioni nelle condizioni iniziali, possono portare a grandi variazioni nel comportamento a lungo termine di un sistema. In questo caso non si parla di farfalle ma, in effetti, è successo che il salto di specie di un virus in un mercato di Wuhan, ha provocato in Africa un aumento di casi di bracconaggio verso i rinoceronti. La relazione è da cercare nel lockdown della scorsa primavera. Nico Jacobs, fondatore della Rhino 911, società nonprofit che in Sud Africa fornisce assistenza a rinoceronti feriti, ha dichiarato al New York Times che dall'inizio del lockdown nazionale (23 marzo) ci sono state richieste di soccorso quasi quotidiane (l'intervista risale al 7 luglio ndr). Già il 25 marzo, Jacobs ha dovuto soccorrere in elicottero un cucciolo di due mesi la cui madre era stata uccisa dai bracconieri. Il giorno seguente ha dovuto soccorrere due rinoceronti a cui i bracconieri avevano strappato i corni, animali che sarebbero poi morti durante il trasporto, e da lì la condizione non è mai migliorata. Nel vicino Botswana la situazione non è diversa, e la Rhino Conservation Botswana, un'altra società nonprofit, registra una situazione analoga. Sebbene il bracconaggio non sia inusuale nel continente, i conservazionisti ritengono che gli episodi recenti susseguitisi in Sud Africa e Botswana siano tutt'altro che comuni, in quanto osservati in zone -di norma- ad alta densità turistica, e che fino ad ora erano ritenute aree sicure per la fauna selvatica.

Nico Jacobs

Le misure messe in atto per contrastare la diffusione del Covid-19 come lockdown e chiusura delle frontiere, hanno comportato in Africa una perdita di quasi 40 miliardi di dollari nel settore turistico. Questo tipo di business motiva e allo stesso tempo finanzia la conservazione della fauna selvatica nel continente, lasciando pensare agli esperti di settore che animali minacciati o in via d'estinzione potrebbero essere vittime collaterali della pandemia. Secondo Tim Davenport, direttore dei programmi di conservazione in Africa alla Wildlife Conservation Society, gli animali non sono protetti solo dai ranger ma dalla stessa presenza dei turisti. “Se sei un bracconiere non frequenti luoghi popolati da turisti, ma ti sposti dove c'è una bassissima probabilità di incontrarli”. In zone come Okavango Delta e Kruger National Park, dove leoni, leopardi, rinoceronti, elefanti e bufali sono ampiamente dispersi, turisti, cacciatori e guide assunte per le spedizioni costituiscono una presenza sul territorio molto più ampia delle forze dell'ordine. Senza di loro, il monitoraggio di milioni di acri di regioni selvagge penderebbe esclusivamente sulle spalle di poche migliaia di ranger. “Senza le guide turistiche, è come se i rangers debbano muoversi su una sola gamba” riferisce al New York Times Anthony Ntalamo, proprietario della Tony Mobile Safari. “Al momento, dozzine di impiegati nel settore turistico sono stati licenziati in Africa”, afferma Andrew Campbell, amministratore delegato della Game Rangers' Association Africa. “Tutto ciò sta accadendo perché senza turisti non ci sono soldi”. Ranger e guardie private saranno verosimilmente i prossimi ad essere licenziati.

Sud Africa, Botswana, Tanzania, Kenya e altri Paesi africani si affidano al turismo per finanziare la conservazione della fauna selvatica, ad esempio con biglietti d'ingresso ai parchi o permessi per i trofei di caccia, che in Sud Africa rappresentano l'85% dei fondi destinati alle autorità di gestione della fauna e delle terre pubbliche (dati al 2018). Map Ives, direttore della Rhino Conservation Botswana, non è affatto ottimista. “Dobbiamo aspettarci non solo un aumento del bracconaggio di rinoceronti, elefanti ed altri animali iconici, ma anche un picco nella caccia per la carne di animali selvatici nel continente. Tra poco molte persone non avranno di che vivere, e saranno costrette a rifarsi sull'ambiente naturale ma non possiamo biasimarli. Le persone hanno fame”.

Cadavere di un rinoceronte privato dei corni

Catherine Semcer, ricercatrice per il Centro di Ricerca sul Patrimonio e l'Ambiente, in North Carolina, è convinta che l'unica via per impedire che accada di nuovo una crisi simile, sia quella di diversificare le fonti d'entrata a sostegno della conservazione della fauna selvatica. “Non intendiamo separare il turismo dalla conservazione, ma credo sia necessario espandere il range di settori in grado di supportarla”.

In attesa che questo accada, la fauna selvatica africana rimane in pericolo e conservazionisti come Nico Jacobs continueranno a rispondere alle chiamate di soccorso, sebbene il tempo a disposizione per porre rimedio a tutto questo sia sempre meno. “Se riceverò 10 chiamate al giorno, volerò 10 volte al giorno. Volerò fin quando le finanze mi permetteranno di andare avanti”.

 

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