18 settembre 2001, è trascorsa una settimana dal tragico attentato alle torri gemelle e gli Stati Uniti sono ancora profondamente scossi per il colpo inferto da Al-Quaeda non su un campo di battaglia, non ai danni di un gruppo di soldati ma nel cuore di una città, lontano da ogni guerra, dove le persone si sentono più al sicuro. Ma il panico, a partire da quel giorno e per diverse settimane, sembra intensificarsi ulteriormente dopo che delle lettere, contenenti una strana polvere bianca, vengono recapitate agli uffici di alcuni organi di comunicazione (giornali e TV) e di due senatori. La sostanza contenuta nelle lettere è caratterizzata da polvere di caolino (una tipologia di roccia) mescolata a spore del bacillo dell'antrace. Il gesto provoca la morte di cinque persone e l'intossicazione di qualche dozzina. L'accaduto viene immediatamente letto come un nuovo attacco terroristico, forse di quelli più subdoli e spaventosi. Stavolta si tratta di bioterrorismo e, al di là del numero di vittime, le conseguenze che porta con sé sul piano psicologico sono devastanti.
Lettera recapitata al senatore Daschle
Quella della guerra batteriologica è una tematica che riaffiora spesso tra i media. Esiste in effetti una paura costante che virus e batteri possano essere utilizzati in guerre o attacchi terroristici. Il tema tuttavia non è soltanto una realtà di blog e pagine internet complottiste, ma è una problematica che per più di mezzo secolo ha seriamente interessato i governi dei paesi più industrializzati, spingendoli a investire ingenti risorse senza tuttavia ottenere risultati utili in contesti bellici.
I batteri costituiscono agenti d'infezione cosmopoliti e sono tra i più numerosi, unitamente ai virus. Diverse specie batteriche vivono come “commensali” o “parassiti” di piante e animali (Uomo compreso) e alcune di loro possono invaderne i tessuti provocando situazioni morbose. Alcune centinaia di specie sono in grado di infettare l'Uomo, causando quadri patologici anche gravi. Di conseguenza, oltre che per la loro facile reperibilità, i batteri patologici sono da subito sembrati un'ottima “arma” per la facilità con cui possono aggredire l'organismo, pervenendo per via alimentare o respiratoria, o in alcuni casi attraverso un taglio, la puntura di un insetto, il morso di un animale o le mucose genitali. Una volta entrati nell'organismo, questi aderiscono alle varie mucose (respiratorie, alimentari, genitali) aprendosi un varco nei tessuti profondi. Da lì si diffondono nel resto dell'organismo tramite circolazione linfatica o ematica, danneggiando diversi organi. Il danno provocato è soprattutto conseguenza della produzione di tossine, veri e propri veleni che si diffondono interferendo con il metabolismo cellulare dell'organismo parassitato. Il meccanismo d'azione di queste tossine è altamente variegato. Ad esempio, la tossina prodotta dal batterio del botulino (Clostridium botulinum) blocca la trasmissione dell'impulso nervoso a livello delle giunzioni neuromuscolari (collegamenti tra neuroni e fibre muscolari) provocando una paralisi flaccida. Al giorno d'oggi, piccole dosi di questa tossina vengono ampiamente utilizzate per distendere le rughe, tuttavia, le conseguenze di un’infezione batterica da botulino possono portare alla morte.
Clostridium botulinum
La tossina del tetano (Clostridium tetani) ha invece l'effetto opposto, bloccando quelle strutture che controllano la risposta del neurone (sinapsi inibitorie) e favorendo la stimolazione continua delle giunzioni neuromuscolari, provocando quindi una serie di contrazioni persistenti (spasmi) a livello della muscolatura, con conseguente blocco della funzionalità muscolare (paralisi spastica). Altre tossine come quelle di staffilococchi o streptococchi, inoltre, agiscono provocando una serie di lesioni sulle membrane delle cellule nell'organismo ospite, causandone di conseguenza la morte.
Clostridium tetani
Di per sé i batteri “sanno” che, uccidendo l'organismo ospite, vanno incontro essi stessi ad un'inevitabile fine. Per questo motivo i batteri che in un certo senso si sono “evoluti” per infestare il nostro organismo, assumono una strategia da commensale piuttosto che da parassita, nutrendosi quindi delle risorse che offre il nostro organismo senza danneggiarci. Le infezioni che si traducono in morte o malattie gravi sono causate da batteri che hanno il loro habitat in altri animali o che riescono a vivere sotto forma di spore sugli strati superficiali del terreno. È il caso del tetano o del già citato antrace (Bacillus anthracis) che aggredisce polmoni o intestino e, se non curato, causa la morte nel giro di una settimana o poco più.
Proprio per la loro diffusione e per l'elevato numero di specie nocive, nel XX secolo i batteri diventano oggetto di numerose ricerche nel campo delle armi batteriologiche, grazie a progressi non indifferenti nelle conoscenze microbiologiche e metodologiche. Nel corso della seconda guerra sino-nipponica (1937-1945) i giapponesi infettano deliberatamente, a scopo sperimentale, almeno diecimila prigionieri e deportati. Conducono inoltre numerosi attacchi contro la popolazione cinese e, dopo aver tentato di diffondere la peste nella provincia di Chekiang, arrivano a distribuire ai bambini di Nanchino tavolette di cioccolata impregnate di spore di antrace. Ma è con la contaminazione delle acque di Changdeh tramite vibrioni di colera che divampa un'epidemia letale per quasi diecimila cinesi ma anche per 1700 soldati nipponici. Non proprio un trionfo militare. Nell'Urss, a partire dagli anni 30, vengono realizzati numerosi centri di ricerca batteriologica in Siberia, nel quale vengono sperimentati sui prigionieri dei gulag diversi batteri patogeni, soprattutto antrace. Sempre in Unione Sovietica, nel '79, da un errore nel sistema di aerazione di un centro di ricerca militare negli Urali, viene liberata in aria una nuvola di spore. Scoppia un'epidemia di antrace, e solo molto tempo dopo le autorità parleranno di circa 150 contagiati e 85 morti (anche se si stimano cifre nettamente superiori). Ufficialmente le armi batteriologiche vengono bandite con un trattato internazionale siglato nel '72, anche se le principali potenze militari hanno continuato a finanziare ricerche relative, con la motivazione di predisporre difese efficienti contro impieghi di armi batteriologiche in attentati terroristici. Uno degli episodi più noti di bioterrorismo risale al '93, quando i membri della setta giapponese Aum Shinri Kyo (Suprema Verità) tentano di nebulizzare spore di bacilli di antrace nei condotti di aerazione di un palazzo di Tokyo, per fortuna con scarsi risultati, anche perché il ceppo impiegato risulta essere scarsamente virulento. Vista l'inefficienza dei batteri, gli stessi adepti provano un secondo attentato nel '95 liberando del gas nervino (sarin) in tre linee della metropolitana di Tokyo, uccidendo 12 persone e intossicandone 5000. L'ultimo episodio di bioterrorismo è proprio quello del 18 settembre 2001, evento che le autorità antiterrorismo non hanno mai preso in considerazione proprio per la scarsa diffusibilità di batteri patogeni inviati per posta, strategia quindi inadatta a provocare un elevato numero di vittime. Passeranno sette anni prima che l'FBI concentri i sospetti su Bruce Edward Ivins, un ricercatore che morirà suicida il 29 luglio 2008, prima di venire formalmente incriminato.
Bacillus anthracis
La storia ha insegnato quanto nella guerra batteriologica sia difficile garantire l'efficienza di un attacco in termini di diffusibilità e, soprattutto, risulti impossibile istruire i batteri su chi sia il nemico e chi no. Ciò ha portato a comprendere l'inaffidabilità nell'uso dei batteri in contesti bellici, e il tutto a fronte di un gravoso impegno economico e crudeli sperimentazioni, con un rilevante costo in termini di vite umane. Non resta che augurarsi, a tal proposito, che in futuro risorse di tale entità vengano impiegate in investimenti più utili. Sperando in tal modo di rivelarci una società migliore di quella che ci ha preceduti.