Resta indigesto a D'Alema il piatto del rinnovamento che Renzi sta servendo nella variegata tavola del Partito Democratico.
Un partito, oggi, molto diverso da quello nel quale l'ex leader maximo dettava legge. Diverso nella classe dirigente, ad eccezione di qualche regione dove il vintage ristrutturato non passa mai di moda, diverso negli iscritti e diverso anche negli elettori. Diversi sono anche i risultati, che poi sono l'obiettiva carta al tornasole della salute di un partito politico che aspira, per sua natura, al governo del paese.
In pochi anni si è passati dal quasi 20% al più del 40%, da centomila iscritti a quasi quattrocentomila, da partito comprimario nella costante ricerca di un leader ad un partito che detta l'agenda politica del paese con una leadership decisamente riconoscibile. Eppure il vecchio democratico non nasconde il suo personale astio e chiama a raccolta tutti quelli che lui definisce “i delusi” del PD ma che, i più distaccati cronisti non avrebbero remore a definire “i trombati” dal PD.
L'idea originale dell'ex parlamentare è quella di creare la milionesima associazione culturale nella già affollata foresta di associazioni che gravitano nello spazio della sinistra italiana. Una associazione che “apra nuovi spazi di partecipazione” e che rifiuti l'idea di “un partito personale ed arrogante”.
Praticamente D'Alema vorrebbe un'associazione tutta sua per fare quello che Renzi ha fatto per mezzo delle primarie: togliere il timone a chi lo ha detenuto per decenni e renderlo appetibile ad una platea più numerosa di iscritti ed elettori. Il buon vecchio ma sempre arzillo D'Alema diventa sempre più grigio ed astioso ma non perde mai il vizietto di arrivare sempre secondo.