Cirino Pomicino, è sorpreso dalla designazione di Mario Draghi?
Assolutamente no. La responsabilità della crisi non va ascritta solo a Matteo Renzi, che l’ha cercata e voluta, ma anche a tutti quelli che non l’hanno frenata, diventandone corresponsabili. Si è capito subito che sarebbe stato impossibile tornare alla stessa maggioranza, che peraltro era l’unica possibile in Parlamento. Mario Draghi era l’unica soluzione possibile. Io, peraltro, l’avevo già anticipata quattro giorni fa in un’intervista al Corriere della Sera.
La destra vuole votare. Berlusconi tace. I Cinquestelle sono per un governo politico. Solo il Pd, per ora, ha detto sì. Draghi ce la farà?
Le dichiarazioni liturgiche di facciata lasciano il tempo che trovano. Di fronte all’appello, pressante e motivato, del Presidente della Repubblica, alla personalità di Mario Draghi e ai problemi urgenti del Paese, sono convinto che la stragrande maggioranza del Parlamento darà fiducia e supporto al Presidente del Consiglio designato e al suo Governo.
E poi sotto sotto, a dispetto delle dichiarazioni liturgiche, nessuno vuole davvero andare al voto.
Nessuno vuole andare al voto. Innanzi tutto perché ci sono gravissime urgenze sanitarie ed economiche. Poi, lo sanno tutti, la campagna e le elezioni stesse si svolgerebbero in condizioni e particolarissime, difficili da gestire. Da ultimo, le elezioni non convengono a nessuno. Non convengono naturalmente ai Cinquestelle, ma neppure a Renzi e a Forza Italia. E neppure, aggiungo, alla Lega e a Matteo Salvini, perché con i problemi che abbiamo davanti il rischio sarebbe grosso, anche per loro. E poi tutti loro sanno che andremmo a eleggere un nuovo Parlamento, senza nessuna certezza di una maggioranza stabile.
Chi è il grande sconfitto con la designazione di Mario Draghi?
La politica, che non ha saputo fare il suo mestiere. Non ha saputo assicurare al Paese un Governo e governare. Quando si è costretti a ricorrere a una personalità esterna alla politica, a un tecnico, seppure di grande prestigio e autorevolezza, vuol dire che la politica ha abdicato al suo compito. Per la politica è un fallimento.
Ma il livello personale, chi ne esce con le ossa più rotte. Conte? Renzi? Zingaretti?
A sconcertare, più di ogni altra cosa, è l’atteggiamento del Partito democratico. Le dico solo una cosa. Nel 1976, di fronte a una crisi quasi altrettanto grave dal punto di vista economico, nessuno voleva governare con la Democrazia Cristiana, ma tutti vollero che la Democrazia Cristiana governasse da sola. Il motivo è semplice. La Dc era all’epoca l’architrave del sistema politico. Un ruolo che avrebbe dovuto svolgere il Partito Democratico. Un partito che, invece, si è appiattito su un signore che passava da lì, contribuendo a trasformarlo in un Presidente del Consiglio, nonostante la sua totale impreparazione politica. E, come se non bastasse, il Pd si è appiattito sulle stupide iniziative dei Cinquestelle. A quel punto è scomparso. Non sono più né democristiani, né socialisti né comunisti. Non si sa più esattamente chi siano. E. purtroppo, non è un problema solo loro, ma di tutto il Paese.
Detto di Nicola Zingaretti e del suo Pd senza arte né parte, le chiedo come è finita la sfida fra i duellanti Conte e Renzi?
Giuseppe Conte mi sembra che non ci sarà più. Almeno al momento è fuori dai giochi. Matteo Renzi resta sulla scena e mi sembra che, nonostante i suoi molti difetti, è uno che la politica la conosce. E del resto ha solo ribadito, magari in maniera antipatica, cose e giudizi, che erano state già detti, purtroppo inutilmente, dal Partito Democratico.
Passiamo alle polemiche che stanno devastando il terzo potere dello Stato, dopo la pubblicazione del libro di Alessando Sallusti con l’intervista a Luca Palamara. Nessuno mi sembra stia smentendo l’ex consigliere del Csm e il Sistema, da lui svelato, che ha governato e, forse, ancora governa la magistratura.
Ho subito quarantadue processi. Quarantuno assoluzioni e una sola condanna per un contributo elettorale. Quelli che ricevano tutti, compreso il Partito Comunista e senza i quali, come poi si è visto, non si può fare politica. Lasciamo, però, perdere la mia vicenda personale. Nessuno può smentire Palamara. Avrò modo di scriverlo, perché è una questione molto delicata, ma anche molto divertente. Chi fa degli imbrogli, poi spesso si aggroviglia, si dimentica quello che ha fatto e che ha detto, come diceva il mio vecchio amico Giulio Andreotti. Vedremo anche alcuni episodi, dove le bugie hanno, come al solito, le gambe corte. Quella di Palamara è una descrizione puntuale e precisa e chi cerca di modificare l’interpretazione di qualche passaggio dice solo altre bugie. Ne scriverò presto. La verità è una sola. Una verità, a questo punto, chiara ed evidente. Anche il terzo potere dello Stato, dopo quello legislativo ed esecutivo, è in via di dissoluzione. Uno Stato in queste condizioni finisce fatalmente alla deriva.