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Berlusconi, "buona condotta" alla base della riabilitazione

Per l’ex Cavaliere cariche pubbliche di nuovo accessibili

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Venerdì 11 maggio.

Si riapre un romanzo politico che sembrava ormai chiuso. Dichiarando nuovamente candidabile Slvio Berlusconi, il Tribunale di Sorveglianza di Milano non ha riscritto l’epilogo, ha cancellato la parola fine. E ha restituito sei anni di vita politica all’ex premier.

A dirla tutta, anche dopo la sentenza stroncante di fine 2013, non è che ci fosse mai stato un vero e proprio tramonto di Berlusconi dalla scena politica. Di fatto, la condizione di incandidabilità impostagli dalla legge Severino non gli aveva impedito di essere, per un’altra intera legislatura, l’incontrastato regista dei destini del centrodestra, grazie ad un asse piuttosto solido con Renzi. E poi, all’alba di questa nuova travagliatissima legislatura, eccolo nuovamente proporsi come garante degli equilibri della coalizione Lega-Fi-Fdi, oltre che come guastatore della liaison Di Maio-Salvini.

In tutto questo, l’ex Cavaliere è riuscito a sopravvivere anche al sensibile, graduale calo di consensi fatto registrare da Forza Italia. Fin troppo facile da individuare, per molti forzisti, la causa del declino: l’impossibilità per il Grande Capo di impegnarsi con responsabilità dirette in campagna elettorale. Ah, se soltanto Berlusconi si fosse potuto candidare…

Ora si dà il caso che egli possa. Di nuovo. Tecnicamente ci sarebbe ancora un intoppo, come fa notare l’edizione online di Libero (www.liberoquotidiano.it). Il procuratore generale di Milano, infatti, potrebbe opporsi all’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza, che è stata depositata oggi, e aprire così l’iter che porta in Cassazione. Se la Cassazione, poi, annullasse la sentenza di venerdì, si tornerebbe al punto di partenza.

A meno che… Berlusconi nel frattempo non sia già rientrato in Parlamento (e non sono necessarie nuove elezioni politiche, sarebbe sufficiente che qualche eletto nei collegi uninominali gli cedesse il posto). E allora, per sradicarlo nuovamente dal suo scanno, servirebbe un altro voto dell’aula, come nel novembre del 2013. E non è scontato che l’esito sia lo stesso di cinque anni fa. Perché? Perché ad armare nuovamente la mano dei parlamentari contro di lui dovrebbe essere una nuova condanna certa, incontrovertibile, e “non inferiore a due anni”, come recita l’articolo 180 del codice penale.  In questo momento i fronti giudiziari  a cui pensare non mancano al leader forzista (il nuovo filone Ruby ter, il processo siciliano sulle stragi di mafia, il processo di Bari sulla vicenda Tarantini), ma non c’è niente che, dal punto di vista delle sentenze, possa arrivare a maturazione in tempi brevi.

Secondo quanto si legge nel testo dell'ordinanza che ha riabilitao politicamente Berlusconi, decisive sono state le relazioni delle Questure di Milano e Roma e dei carabinieri di Monza nel mettere in luce come l’imprenditore, nell’espiare la pena per il caso Mediaset (un anno di affidamento ai servizi sociali), abbia rispettato in pieno il “requisito della buona condotta”, facendo rilevare “un comportamento privo di note negative”. 

Per i giudici del Tribunale di Sorveglianza, inoltre, conformemente alla giurisprudenza della Corte Suprema, “la mera pendenza di un procedimento penale per fatti successivi a quelli per cui è avvenuta la condanna a cui si riferisce l'istanza, non costituisce di per sé ostacolo” all’accoglimento dell’istanza stessa. Il riferimento è alle più recenti appendici giudiziarie del caso Ruby.

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