Padre padrone.
Nel giorno della scomparsa di Vittorio Taviani, ricordato con commozione anche dal presidente Mattarella, il centrodestra si ritrova ancora del tutto immerso nella condizione di subalternità ad una figura come quella che ha dato il titolo ad un celebre film del regista scomparso.
A tutt’oggi, per la coalizione liberal-conservatrice, tentare di trovare una vita al di fuori di Berlusconi (eccolo, l’ineffabile padre-padrone) significa rischiare il collasso. Quasi platonici gli sforzi di un intraprendente, vitalissimo Matteo Salvini di occupare la cabina di regia, dall’alto di quel 17% delle preferenze ottenuto alle ultime politiche. Un Berlusconi costruttivo o un Berlusconi oppositivo verso il progetto di alleanza con i 5 Stelle fa ancora la differenza. E, per sfortuna del leader della Lega, quello del dopo 4 marzo è radicalmente contrario a qualsiasi apertura ai grillini, da lui reputati alla stessa stregua dei “comunisti” negli anni ’90 e ’00. Ovviamente all’origine della posizione dell’ex Cavaliere c’è il veto pregiudiziale posto dai 5 Stelle su Forza Italia.
A Berlusconi, dunque, ripugna la prospettiva di una maggioranza di governo che lo vedrebbe in una posizione marginalissima. Ma, per Salvini, perdere il tram di un asse con i pentastellati sarebbe una sconfitta non di poco conto. Quel che è certo è che Luigi Di Maio comincia a spazientirsi, ed è ben lungi dal voler stare con le mani in mano. Inizia, anzi, a guardare sempre più seriamente verso la sponda democratica. Dove, però, sembra esserci un altro piccolo padre padrone interessato ad immobilizzare i giochi.
“Il M5S è al lavoro per un governo che dia risposte – ha detto il candidato premier grillino, oggi in visita all’appuntamento veronese di Vinitaly –, chi si ostina a proporre un centrodestra unito propone una strada non percorribile e che può fare anche danno.”
Sembra quasi che, con le sue parole, Di Maio voglia chiamare per l’ultima volta la Lega allo strappo decisivo col resto del centrodestra, dove, allo stato dei fatti, le forti divisioni tra le sue componenti (Lega da una parte ed Fi e Fratelli d’Italia dall’altra) non sembrano far presagire alcuno sviluppo utile nell’immediato. C’era anche Salvini tra gli stand di Vinitaly, ma, anziché cercare un chiarimento a quattr’occhi col leader M5S, ha preferito rispondergli a distanza, utilizzando la metafora del vino sforzato valtellinese (in tono con la cornice) per invitarlo a sforzarsi di più nel parlare a tutta l’area di centrodestra.
O tutta la coalizione in blocco o nessuno è anche la posizione di Giorgia Meloni, altra presenza politica di lusso alla fiera scaligera. La leader di FdI ha inoltre ribadito con chiarezza il primato del centrodestra sugli eventuali alleati grillini. L’alleanza Fi-Fdi-Lega sarebbe in grado di esprimere quel governo autorevole “che non è mai frutto di un inciucio”.
Perdurante lo stallo, il Quirinale ha già fatto sapere che attuerà i passi necessari per far smuovere le acque e, soprattutto, per scongiurare un ritorno immediato alle urne. Molto gettonato, a destra, è lo scenario di un mandato esplorativo per la presidente del Senato, Elisabetta Casellati. Questo mandato potrebbe anche avere quello sbocco che si augura Denis Verdini, a cui non dispiacerebbe un passo indietro tanto di Salvini quanto di Di Maio per lasciar spazio ad una nuova grande coalizione.
Più o meno la fotocopia di uno scenario già visto nella XVII legislatura. Uno scenario, cioè, in cui destra e sinistra, stavolta, magari, con la collaborazione fattiva dei 5 Stelle, si impegnino insieme responsabilmente in nome delle grandi emergenze del momento. In primis quelle della politica estera, con la crisi siriana; e dell’economia, con l’approvazione del Def, già slittata di un paio di settimane rispetto alla scadenza prevista, che era il 10 aprile.