Siamo di nuovo ad un paradosso: il rottamatore per eccellenza, colui che ha sempre voluto cambiare la “tradizione” del Pd, ora si tiene stretto i voti plebiscitari; l’altro, invece, che ha sempre difeso il Pd a spada tratta, si appella ai voto fuori iscritti.
Parliamo di Matteo Renzi e Andrea Orlando: il primo, quattro anni fa, ha fatto carriera al di fuori del partito, si arrocca dentro al Pd ormai conquistato; il secondo, che viene dalla vecchia ditta, spera di ribaltare il voto con l’aiuto esterno dei gazebo.
Orlando dice “Stiamo facendo le prove della Formula 1, la gara deve ancora incominciare e il primo uscirà dalle del 30 aprile".
Renzi dice invece "Noi siamo i primi ad avere interesse che tutto sia trasparente: perché una vittoria così larga e così bella non sia sporcata dalle polemiche del giorno dopo. Allo stesso tempo chiediamo a tutti di riconoscere la verità dei numeri che non possono essere oscurati da nessuna polemica. Quando si vince, si vince. Quando si perde, si ammette. Punto".
La polemica del giorno dopo è inevitabile: più trasparenza nei voti.
La sfida, quindi, si affronterà il 30 aprile nei gazebo per i non iscritti: basta recarsi ai gazebo, donare 2 euro e votare.
Domenica prossima all'Ergife di Roma si terrà la convenzione nazionale che certificherà i dati del congresso interno e lancerà ufficialmente la campagna per le primarie con gli interventi dei tre candidati alla segreteria.
L'ultima settimana prima delle primarie si terrà il confronto tra i tre candidati a Skytg24, probabilmente il 26 aprile. E poi via al rush finale.
Nel frattempo un altro problema sorge per il terzo candidato, Michele Emiliano: sembrerebbe aver violato il divieto per i magistrati di iscriversi ai partiti politici, anche candidandosi alla segreteria del Pd. Proprio nel giorno della conta finale sul voto nei circoli per le primarie del Partito democratico, la Procura generale della Cassazione rafforza l'accusa a carico del governatore pugliese nel processo disciplinare in cui è già chiamato a rispondere del mancato rispetto della norma che impedisce alle toghe di avere una tessera di partito. Al centro del procedimento c'è il fatto di aver ricoperto gli incarichi di presidente e segretario del Pd della Puglia a partire dal 2007 e fino al maggio del 2016.
Si tratta di un'integrazione della originaria incolpazione, che arriva fino ai giorni nostri: il processo è stato rinviato a fine primarie, l’8 maggio. Emiliano non sembra preoccupato, anzi sembrerebbe essere una mossa di “garanzia” per il candidato che è giusto fare un unico processo perché si tratta della stessa condotta già oggetto di contestazione, visto che la candidatura alla segreteria del Pd "presuppone l'iscrizione al partito", che ai magistrati non è consentita.
Al processo sembrano aver chiamato 9 testimoni magistrati, che hanno scelto la politica, in gran parte con il Pd, e che sono "in una posizione assimilabile a quella di Michele Emiliano".