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Matteo Salvini suona la carica in Santa Croce

Il leader della Lega a Firenze per il “No” al referendum: “Oggi inizia una lunga marcia. Si può vincere contro tutto”

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 “Questo è un anticipo di sfratto a Renzi e un messaggio a chi pensa di ritornare al passato con la politica degli inciuci: non sarà mai nostro alleato”. Matteo Salvini riempie Santa Croce con la manifestazione della Lega Nord per il “No” al referendum costituzionale del 4 dicembre. Ma il suo no va oltre la consultazione referendaria e coinvolge lo stesso Presidente del Consiglio, il Governo, l’Unione Europa e il Pd. Davanti ad una piazza gremita dalle migliaia di militanti arrivati un po’ da tutta Italia, il segretario nazionale del Carroccio non si è fatto pregare per rilanciare i motivi del netto rifiuto alla proposta referendaria ma con un colpo di teatro di sicuro effetto alla fine del comizio ha lanciato la sua candidatura a premier il giorno dopo il responso delle urne nel caso di sconfitta dei sostenitori del “Si”.

“Se il voto della Brexit e il voto americano ci insegnano qualcosa, non è più tempo di avere paura e se voi siete d’accordo con oggi da Firenze si parte per andare a vincere e io la faccia ce la metto”, ha detto scatenando  l’ovazione dei supporter leghisti letteralmente in delirio. Prima di lui sul palco si sono avvicendati il governatore della Lombardia Roberto Maroni che ha parlato di una “Schiforma costituzionale” perchè “toglie poteri, risorse e competenze a regioni che sanno governare bene portandole invece nei palazzi del potere”. Ma non ha rinunciato neanche a giubilare i rapporti con Forza Italia dopo la “congiura di palazzo” di Padova che ha visto cadere il sindaco Massimo Bitonci ad opera dei consiglieri forzisti dimessisi in massa davanti a un notaio e aprendo così la strada per il commissariamento del comune. “A Padova – ha sottolineato Maroni - il centrodestra si è già spaccato: quindi si tratta di capire se si possono rimettere insieme i cocci, o come io penso, c'è bisogno di azzerare e ricominciare con forze che vengono dalla società e da forze civiche, lasciando perdere le vecchie logiche di partito”. Messaggio fin troppo chiaro.

Come chiara la volontà dello stesso Bitonci, acclamatissimo dai sostenitori in Santa Croce, di candidarsi alle prossime elezioni per non abbandonare i propri cittadini. Applauditissima anche Giorgia Meloni, leader di Fratelli  d’Italia che non ha risparmiato colpi al Governo promettendo di chiamare “alla mobilitazione se non andremo a votare dopo la vittoria del No per ridare all’Italia dignità orgoglio e sovranità”. Le bandiere della Lega Nord si agitano freneticamente in un pomeriggio baciato dal sole mentre sul palco via via sfilano il presidente della regione Liguria Giovanni Toti e il sindaco di Foggia Franco Landella: oltre a Paolo Becchi, ex ideologo del Movimento 5 Stelle che in piazza non si è fatto vedere malgrado l’invito di Salvini, e a Susanna Ceccardi e Anna Maria Cisint, primi cittadini di Cascina e Monfalcone strappate per la prima volta alla sinistra.

Salvini cita Machiavelli, Dante, Oriana Fallaci ricordando che Firenze ha dato natali a personaggi illustri rispetto al “cazzaro che sta al Governo” ma dimenticandosi che Renzi è originario di Rignano sull’Arno. Piccolo peccato, presto dimenticato quando invita Roma a “smetterla di spendere i soldi per i clandestini e utilizzarli invece per i terremotati, quando definisce il Pd “un partito vergognoso”, quando dice no ad alleanze con chi sostiene la “Ue della Merkel e delle banche” rilanciando l’uscita dall’euro e infine quando ricorda Gianfranco Miglio prima di annunciare la disponibilità a candidarsi a premier in caso di sconfitta del “Si” facendo impazzire la piazza di una Lega sempre più “trumpista”. “Coraggio, idee e squadra non ci mancano – ha sottolineato ancora -. La lezione di Trump e del libero voto degli americani è che si può vincere contro tutto e contro tutti: banchieri, lobbisti, giornalisti, cantanti. Non abbiamo paura, oggi comincia una lunga marcia”. L’ultima bordata è ancora per Matteo Renzi con l’annuncio della presentazione della denuncia nei confronti del presidente del Consiglio per la lettera inviata agli italiani all’estero per invitarli a votare sì al referendum. “Comprarsi gli indirizzi di 4 milioni di italiani è un reato penale di cui dovrà rispondere davanti a qualche giudice - ha concluso in crescendo Salvini - Quando noi abbiamo chiesto questi indirizzi ci hanno detto no per la legge sulla  privacy. Ora, o paga Renzi o paga il ministro dell'Interno Alfano: oppure vanno in galera tutti e due. Vediamo se in un qualche tribunale c’è un giudice che ha voglia”.

 

Elisabetta Failla

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