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Maroni chiede a Renzi una zona franca sul confine

Il Governatore: “Consentirebbe ai lavoratori lombardi di restare qui e non andare a fare i pendolari in Svizzera”

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Una zona franca per tutelare i lavoratori lombardi. La chiederà oggi al Premier Matteo Renzi il Governatore della Lombardia Roberto Maroni pregandolo di inserire nella legge di stabilità 2017 quel provvedimento approvato ancora a febbraio 2014 dal Pirellone che istituiva le Zes (Zone economiche speciali), fermo però da oltre due anni nei cassetti delle commissioni di Camera e Senato. Quel testo è rimasto lettera morta ma dopo il risultato del referendum Ticinese anti-frontalieri è tornato prepotentemente d’attualità e Maroni vuole metterlo sul tavolo dell’esecutivo romano per correre urgentemente ai ripari. D’accordo, conseguenze immediate non ce ne saranno anche perché la parole finale spettarà al Consiglio Federale di Berna ma intanto la preoccupazione fra le maestranze che tutti i giorni si trovano a dover attraversare il confine elvetico nel Varesotto o nel Comasco è salita alle stelle.

Maroni domanderà che la fascia di confine sia tutelata con una serie di agevolazioni per le aziende che vanno dall’esenzione della tassazione sui redditi per i primi otto periodi di imposta all’azzeramento dell’imposta regionale sulle attività produttive e della imposta unica comunale per cinque anni: oltre alle riduzioni dei contributi sulle retribuzioni del lavoro dipendente e dell’esenzione completa delle imposte doganali. In questo modo, sottolinea il Governatore, “si consentirebbe ai lavoratori lombardi di rimanere qui e non andare a fare i pendolari in Svizzera”.

Tutte proposte più che condivisibili che però si scontrano con una realtà più complessa fatta di “dumping salariale”, altre aree che vorrebbero a loro volte diventare Zes e le immancabili e asfissianti normative statali. Freddina l’accoglienza del Segretario regionale Pd Alessandro Alfieri il quale pur ricordando che anche Giuseppe Sala aveva chiesto che l’ex area Expo potesse essere “tax free” invita però Maroni e la Lega a prendere le distanze dai gruppi che hanno promosso il referendum in Ticino. Non solo il segretario provinciale Matteo Bianchi, che nei giorni scorsi a botta calda era sembrato condividere le preoccupazioni del cantone elvetico, ma anche Matteo Salvini che, sottolinea ancora Alfieri, “a Pontida aveva accolto sul con tutti gli onori palco esponenti della Lega dei Ticinesi, promotori del referendum” e poi conclude: La proposta di Maroni può essere buona, ma solo se affrontata in un quadro generale e d’intesa con il Governo. Cosa che finora non è avvenuta”. 

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