Quarant'anni fa, nelle sale cinematografiche di tutto il mondo, approdava un film che da quel momento in poi avrebbe tolto il sonno a milioni di spettatori per generazioni e generazioni. Non soltanto perché tratto dal romanzo omonimo del re dell'horror Stephen King, ma poiché esso rappresenta un enigma nell'enigma, specie nella sua scena finale. Il regista del film era Stanley Kubrick, uno dei cineasti più amati (e detestati), studiati e commentati della storia del Cinema, autore di pellicole da sempre oggetto di analisi divisive e di elaborati e accesi dibattiti. Se, come sottolinea Umberto Eco nel suo Trattato di Semiotica Generale, l'opera d'arte per essere ritenuta tale dev'essere ambigua e autoriflessiva, senz'altro tutta la filmografia di Kubrick merita ampiamente questa definizione e, nella tutto sommato ridotta produzione del regista americano naturalizzato britannico, spicca ovviamente il film Shining giunto alla veneranda età di quarant'anni.
Chi ha letto il romanzo di King (che sconfessò l'opera di Kubrick), trova nella sua versione cinematografica datata 1980 una serie piuttosto cospicua di modifiche, di stralci e di aggiunte, quali per esempio l'ultima scena nella quale vediamo il protagonista Jack Torrance (o qualcuno che gli assomiglia molto) fotografato a un ballo del 4 luglio datato 1921. Considerando il fatto che la vicenda di Shining si svolge negli anni Settanta, si capisce come quell'ultimo fotogramma aprisse all'epoca della sua uscita e apra a tutt'oggi un mare di interpretazioni fra le più disparate.
Il finale stravolto rispetto al romanzo di King ha dato infatti origine a una rapsodia di teorie d'ogni genere, ma la più plausibile resta quella che vede l'ultima scena del film un omaggio a un film svedese del 1921, Il Carretto Fantasma del regista Victor Sjöström. Un film nel quale è contenuta una scena praticamente identica a quella celebre che vede Jack Torrance (Jack Nicholson) cercare di sfondare con un'ascia la porta dietro la quale si nasconde terrorizzata la moglie Wendy (Shelley Duvall). Messe a confronto, le scene dei due film sono quasi sovrapponibili, quindi non è un'idea così peregrina che, con quella foto fregiata dalla didascalia "1921", Kubrick avesse voluto omaggiare proprio il regista che gli ha ispirato una delle sequenze cinematografiche più note di sempre.
Sarebbe poetico immaginare, nel quarantennale dell'uscita di Shining nelle sale, che quell'ultimo fotogramma così tanto dibattuto fosse in realtà un tributo a un altro cineasta, e in ultima analisi l'ennesimo atto d'amore di Stanley Kubrick per il cinema.