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Quentin Tarantino il regista cinefilo per eccellenza (quinta e ultima parte)

Un'immensa passione per il cinema di tutto il mondo e un amore sconfinato per il cinema

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Nel 2012 Tarantino darà vita ad un nuovo progetto come esaltazione massima di un certo cinema di genere, ovvero lo “Spaghetti-Western”; uscirà quindi nelle sale quello che sarà , per Quentin il più grande successo al botteghino mai ottenuto (ben 485 milioni di dollari e rotti) è la volta,dunque di: “Django Unchained”.

La pellicola è di nuovo un dichiarato omaggio al nostro cinema di genere italiano e nello specifico a: “Django” di Sergio Corbucci; il film di Corbucci fu uno dei più rappresentativi e riusciti “Western all'Italiana” dello sconfinato panorama filmico che ebbe la sua immensa gloria dal 1963 fino ad arrivare alla fine dei settanta. Fu il film che rese celebre a livello mondiale il nostro Franco Nero. Il nostro attore è presente anche in un cameo del film di Tarantino, insieme a lui alla pellicola fanno parte un cast stellare che prevede tra i tanti nomi: il solito grande Samuel L.Jackson, Cristopher Waltz (grande prova la sua, tanto da bissare la vincita del premio Oscar come “attore non protagonista” dopo la meritata statuetta già ottenuta con il medesimo titolo,nel precedente “Bastardi senza gloria” ), Leonardo di Caprio e il protagonista “Django di colore”: Jamie Foxx. “Django Unchained” come da stampo Tarantiniano è immerso di citazionismo che si evince in ogni forma, soltanto nella colonna sonora ritroviamo i medesimi brani che fecero parte dello stesso “Django”di Corbucci come quello de “I giorni dell'ira” di Tonino Valerii e del famosissimo “Lo chiamavano Trinità” di Enzo Barboni. Il film è un Western contro l'odio razziale ed è intriso da forte dramma e violenza e ancora una volta l'azione va a braccetto con gli elementi sempre più marcati del “gore” e della “mattanza” della sanguinosa truculenza messa in atto con notevole maestria registica. Il ritmo della narrazione è talmente buono che non fa accorgere allo spettatore della lunga durata del film e nel tripudio della scena finale di “Django” appagato dalla riuscita vendetta e della liberazione della moglie, danza insieme al suo cavallo come il nostro “Terence Hill”. Il film è un enorme successo di critica e pubblico ed oltre a sbancare il botteghino da a Tarantino la vincita di un nuovo meritato premio Oscar come “Migliore sceneggiatura originale”, Il Golden Globe come “Migliore sceneggiatura” e il David di Donatello come “Miglior film straniero”.Un vero trionfo in pompa magna e il cinema di tutto il mondo ringrazia mentre l'Italia sorride e si compiace.

Nel 2015 Tarantino prosegue con il genere “Western” e crea un'opera sublime di vera elevata caratura; arriva nelle sale “The Hateful Eight”. La pellicola è interamente girata in 70mm con un “aspect ratio”di formato di 2.75:1, girato con macchine da presa con lenti anamorfiche Panavision. Questo vuol dire l'esaltazione massima della “Fotografia” del film che appare sublime ed inarrivabile anche perché l'escursione del fotogramma in 70mm non ha paragoni nell'universo digitale che ammutolisce in sua presenza, inoltre il formato di proiezione con aspect ratio 2.75:1 esalta la profondità del campo visivo. Per intenderci la terminologia 2.75:1 significa che per ogni metro di altezza dello schermo cinematografico in sala corrisponde ad esso 2 metri e 75 di base dello stesso. Questo tipo di formato è stato usato solo poche volte nella storia del cinema mondiale, alcuni importanti esempi sono: “Gli ammutinati del Bounty”di Lewis Milestone e “Ben-Hur” di William Wyler. Tarantino dimostra una volta e per sempre l'importanza della pellicola per via della sua inarrivabile resa visiva ed artistica, altro che digitale! Chiunque si interessi sia per lavoro che per diletto professionale, non potrà che essere d'accordo con Quentin e con il sottoscritto. Il film si avvale ancora una volta di un grande cast, torna a lavorare con Tarantino il bravissimo Kurt Russell, vi è sempre uno straordinario Samuel L.Jackson e si affiancano agli stessi attori del calibro di Tim Roth, Micheal Madsen, Bruce Dern, e la straordinaria Jennifer Jason Leigh che vincerà tra l'altro per la sua prova recitativa un importante premio. La pellicola gode di una insuperabile colonna sonora scritta apposta dal maestro Ennio Morricone che vincerà ben quattro premi per “La colonna sonora” tra cui: il “Premio Oscar” e il “Golden Globe”.

Quentin Tarantino, infine è l'anima del cinema dove all'interno delle sue opere troviamo migliaia di citazionismi evocativi del grande cinema classico e ovviamente di genere; è evidente che per il regista il “feticismo” è fondamentale. Il feticismo è stato sempre un elemento rappresentativo del cinema e se per esempio per “Russ Meyer” la sua “fetish-mania” fu il seno femminile per il nostro Quentin la “podologia feticista” è parte integrante del suo mondo ed estensione della sua personalità. Ne sa qualcosa Uma Thurman sua musa ispiratrice e anche la stessa Jennifer Jason Leigh nella scena dell'impiccagione di “The Hateful Eight” dove il contorcimento dei piedi nell'agonia dell'impiccagione è un rimando più che ispirato al bellissimo “Kiss Me Deadly” di Robert Aldrich. L'esaltazione del “foot-fetish” Tarantiniano vive il suo picco massimo nei piedi di: “Sidney Tamiia Poitier” figlia dello stesso Sidney Poitier. Attraverso il “foot-fetish” di Quentin Tarantino troviamo determinati rimandi ad un certo cinema di: Luis Bunùel, Alfred Hitchcock e Samuel Fuller tanto per fare degli esempi,ma questo dimostra come il nostro regista conosca il cinema e si imponga in ogni sua opera con una saggistica dalla quale tutti quanti noi privilegiati dalla visione della stessa ne possiamo trarre vantaggio.

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