Per Pasolini la poesia era un tramite con il mondo, un mezzo per urlare la sua rabbia verso il bigottismo religioso,attraverso i paraventi di una società ,che si vergognava di cambiare. Nel cinema egli trovò un nuovo sfogo poetico,reinventandone il linguaggio,che,a sua volta,diventò più sintetico,avvalendosi di attori presi dalla strada,che si esprimevano in dialetto,per raccontare in maniera nuda e cruda la propria miseria.Tutto questo Pasolini lo fa,non dimenticandosi della scuola neorealista di Fellini,di Visconti,di Rossellini, ed è proprio da quel cinema che egli inizia il suo lungo viaggio,attraverso i suoi personali movimenti di macchina, alla sua rappresentazione di primi piani iconici, che ricordano una certa pittura di epoca quattrocentesca.
La poesia nel cinema Pasoliniana vive tre fasi nella sua ricercata filmografia.
La prima è riconducibile al cosiddetto"cinema sacro", la seconda è più un cinema di "poesia pura", la terza,infine è quella dell' eros attraverso lo sguardo di "altri popoli".
La terza e ultima fase,che va dal 1971 al 1974,è quella della soffermazione poetica e rappresentativa del maestro verso l'Eros attraverso lo sguardo degli"altri"popoli.Questa sezione comprende la famosa"Trilogia della vita",tre film per raccontare l'eros e tutte le sue più nascoste sfaccettature attraverso altre epoche fatte di altri popoli,essi quindi sono:"Il Decameron","I racconti di Canterbury"e"Il fiore delle mille e una notte".La trilogia nasce come sberleffo irriverente,verso una condanna alla società che opprime le libertà del ses-so,imprigionandole nel bigottismo di un perbenismo stucchevole e maniacalmente conservatore.Come sempre aveva fatto,Pasolini,per quanto riguarda gli interpreti si avvale di gente presa dalla stra-da,assolutamente povera,nei mezzi e nella vocazione.
I poveri sono la risposta netta ai ben pensanti,ad una certa borghesia e ad alcuni critici, convinti che il buon cinema si avvalga solo di grandi attori;alla gente della strada,in questa trilogia,Pasolini affianca,Citti e Davoli che avevano lavorato con lui negli anni precedenti.Mai come in questo trittico,si esalta la rappresentazione del"nudo",con l'intenzione di distruggere il totalitarismo del comune senso del pudore.Un grido del Boccaccio che dovrà liberare l'anima del paese,da un corpo"troppo vestito,denudandolo e rendendolo,quindi,libero per sempre.Dopo il"dovuto"trittico liberatorio,Pasolini dirige l'ultimo suo grande capolavoro,prima della sua atroce morte.La pellicola in questione è "Salò o le 120 giornate di Sodoma";ne viene fuori il film più singolarmente diverso,rispetto a tutta la poesia espressa in cinema,della sua carriera di regista.Il film è volutamente"disturbante":è senza mezzi termini,il sentimento dell'artista che vomita in maniera violenta,tutto il suo dissenso,verso quello che lo e ci circonda.
L'indignazione del poeta,dell'intellettuale,del regista contro un potere votato allo schifo più assoluto incurante del rispetto etico senza un minimo di ritegno;trasporta,quindi,il famoso romanzo di "De Sade" all'epoca della repubblica di Salò,strizzando l'occhio a nostro padre Dante,suddivide il film in parti,come gironi infernali,dove la società in tutte le sue classi,senza esclusione di alcuna,non può che affogare tra i propri escrementi.Lo spettatore,il critico,questa volta non regge l'urto;ne rimane assolutamen-te,inquietato,sconvolto,disturbato dalla rappresentazione filmica di una poesia agghiacciante che non lascia speranza,in quanto,intrisa di una caratura teologica elevatissima che riguarda una società contemporanea che fa ribrezzo allo stesso specchio nel quale si riflette.Per concludere,quindi,il cinema in poesia di Pasolini è senza tempo,ed è riconducibile alla nostra società odierna e anche in proiezione di quella futura.
La morte del maestro può essere vista come la morte di un "moderno Cristo" che con la sua passione ci ricorda che nella semplicità della vita,vi è la redenzione,nella purezza poetica c'è la salvezza della nostra anima verso il mondo.La speranza sta solo,nell'avvicinarsi delle nuove generazioni,al cinema in poesia del Pasolini,che per quanto possa apparire complesso e articolato,nasconde in esso,le chiavi,le soluzioni poetiche,alle risposte da sempre cercate dall'uomo.