C'era una volta la convocazione della Commissione di Vigilanza Rai prevista per mercoledì 8 luglio 2020, nella quale l'Amministratore Delegato Fabrizio Salini avrebbe dovuto fornire spiegazioni su diverse questioni piuttosto delicate e che, invece, a quanto ci viene comunicato da fonti certe - oltre a essere saltata nel giorno prestabilito - è stata rinviata a data da destinarsi poiché impossibilitata a tenersi causa lavori parlamentari.
Un rinvio dunque, l'ennesimo e più offensivo di sempre, dopo che l'insistenza del Segretario della Commissione, l'On. Michele Anzaldi, pareva aver vinto una lunga battaglia personale in sede di Commissione e poi nell'Ufficio di Presidenza affinché Fabrizio Salini fosse convocato per rispondere della promessa autoregolamentazione sullo strapotere e sul conflitto d'interesse di agenti, conduttori e autori Tv. Autoregolamentazione che sarebbe dovuta entrare in vigore dal 1 gennaio 2020 e che invece a tutt'oggi è lettera morta.
Oltre all'indiscrezione dell'incontro tra il premier Giuseppe Conte e l'Ad Rai presuntamente volto a favorire Mediaset e in ultima analisi Forza Italia in vista di possibili voti in Parlamento per mantenere il Premier a Palazzo Chigi e Salini a Viale Mazzini, un altro nodo che avrebbe dovuto discutersi era quello dei prossimi palinsesti autunnali che lo stesso Michele Anzaldi aveva definito frutto di una spartizione tra i vari agenti, in primis Lucio Presta e Beppe Caschetto. L'On. Anzaldi aveva chiamato in causa anche l'AgCom invitando il Presidente della Commissione di Vigilanza Alberto Barachini a interpellare anche il Presidente della Camera Roberto Fico e la Presidente del Senato Maria Elisabetta Casellati, se l'Ad Salini avesse continuato a "nicchiare".
Terza patata bollente che era urgente trattare in sede di Commissione, quella della facoltà dell'Ad Rai di poter derogare con cinque consiglieri su sette alla policy del ridimensionamento degli agenti e delle case di produzione esterne. Un cavillo denunciato dall'Adnkronos che lo stesso Anzaldi aveva definito "un gravissimo schiaffo al Parlamento", parlando di "arroganza senza fine di questi vertici Rai che pensano addirittura di poter derogare ad un preciso atto parlamentare, votato all’unanimità da ben due legislature e la cui applicazione è stata sollecitata persino dall’Agcom. Quindi se c’è una maggioranza dei 2/3 la Rai può decidere di violare la legge? I presidenti Fico e Casellati valutino come intervenire per tutelare le Camere e l’Agcom richiami il servizio pubblico ai suoi doveri".
Quarta vexata quaestio che era prioritario trattare, la risoluzione per un uso appropriato dei social da parte del personale del servizio pubblico, risoluzione che il Presidente della Commissione Alberto Barachini e lo stesso On. Anzaldi hanno stilato rifacendosi alle linee guida dei servizi radiotelevisivi pubblici europei, per regolamentare la condotta dei giornalisti, dei dipendenti e dei collaboratori della Rai su Facebook, Twitter e Instagram. Pensiamo, per fare un esempio, all'annosa diatriba fra Giancarlo Magalli e Adriana Volpe, proseguita in questi giorni. Anche in questo caso, il tutto è passato in cavalleria.
Da noi raggiunto, l'On. Anzaldi ha commentato: "Di rinvio in rinvio, sono già trascorsi tre anni dall'atto parlamentare approvato all’unanimità, caso senza precedenti, unanimità ribadita anche in questa legislatura. Ammesso e non concesso che i lavori parlamentari non permettano l'audizione dell'Ad in Vigilanza, che ne è della lettera da inviare al riguardo al Presidente del Senato Casellati e al Presidente della Camera Fico? Ora è forse impossibile anche inviare una mail? Sinceramente, è una situazione che lascia stupefatti".
La mancata audizione di Salini sui palinsesti prossimi venturi coincide per giunta con la presentazione dei suddetti prevista per il 16 luglio prossimo. Contando che tali palinsesti resteranno tali fino al giugno 2021, per un altro anno tutto rimarrà così com'è. Se ne riparlerà quindi tra almeno altri dodici mesi, con il nuovo Amministratore Delegato che subentrerà a Salini nel luglio 2021... ben quattro anni dopo l'approvazione dell'atto parlamentare di cui sopra. Neanche Kafka, insomma, avrebbe potuto sviscerare uno sviluppo più paradossale e - per dirla in francese - "paraculo".