Il mercato italiano del vino sta vivendo una fase di profondo cambiamento. Oltre la meditazione, la narrazione e la cultura che “quel calice” può regalare, esiste la dimensione consumerista ad accomunare i vari produttori.
Alle ragioni economiche ed ai mutamenti climatici bisogna aggiungere un cambiamento nelle abitudini; il vino non rappresenta più una bevanda da pasto, bensì un elemento di convivialità e veicolo di relazione.
Sulla scorta di queste riflessioni incontriamo Filippo De Sanctis, eclettico proprietario di “Essenza”, ristorante situato nel cuore della Costa dei Trabocchi.
La sua è una storia capace di proiettare la terza generazione di ristoratori iniziata da nonno Filippo, con cui condivide il nome e la passione per San Vito e la cucina di mare. Tradizione ed innovazione rappresentano il telaio su cui continuare a tessere la storia della propria famiglia e della cultura marinara.
Filippo cura con minuzia le scelte in cantina. Le sue selezioni vengono effettuate conoscendo i produttori, il loro vissuto ed i loro prodotti permettendo viaggi di degustazioni, che alcuni “fortunati clienti” hanno la possibilità di ascoltare nei suoi racconti serali.
A Filippo De Sanctis abbiamo posto qualche interrogativo, curiosi di ascoltare il punto di vista di chi il rapporto tra le nuove generazioni ed il vino lo certifica direttamente a tavola.
“Come sta cambiando il consumo del vino nel nostro Paese e come si prospetta il rapporto tra le nuove generazioni ed il vino?”
Leggevo un articolo scritto da un blogger americano in cui si evidenzia un mondo del vino afono verso i giovani. Non si investe ad esempio nella comunicazione sulle piattaforme da loro maggiormente utilizzate; facebook ed instagram sorprendentemente non sono i loro social di riferimento.
Il mondo del vino è da sempre poco “aperto” verso chi non ne conosce la terminologia ed i metodi.
Un ambiente in alcuni casi pieno di boria, eccessivamente tecnico e capace di annoiare chi vorrebbe semplicemente vivere l’esperienza della condivisione.
Talvolta si allontana chi trova sul mercato alternative economicamente più abbordabili, più facili da fruire o con una produzione più semplice.
In Italia il settore vitivinicolo tuttavia non ha perso di importante semplicemente cambiano le scelte dei consumatori; ad esempio si registra una virata decisa verso una bevuta più semplice, informale, poco identificativa.
Ci si ostina spesso nell’inseguire mercati che non sono più “nuovi”, ad esempio è passata la tendenza all’etichetta di pregio come strumento di autodeterminazione sociale.
Le vendite dei vari Don Perignon in crollo verticale ci insegnano che il mercato è modaiolo ma allo stesso tempo non è stupido.
“Nei giovani è davvero scattato il “de profundis” per i rossi ed il “tana liberi tutti” per la bollicina di qualsiasi grana e persistenza?”
In realtà rispetto a vent’anni fa non è cambiata l’abitudine di consumo dei giovanissimi. Restano sempre poco avvezzi ai grandi rossi, alle strutture, agli spigoli del bianco. Se è vero che i più giovani considerano come alternativa al vino bevande gassate, ready to drink, birre e cocktails, la vera differenza rispetto al passato è nel consumo di chi il vino è già abituato a berlo.
La fascia “adulta” è clamorosamente spostata verso bianchi leggeri, rosati fruttati, spumanti a tutto pasto o alla ricerca di vini rossi che fanno della rotondità la propria caratteristica principale.
Esiste un target giovane che ama i vini da “esperti”, ma la sua percentuale è così residuale, a causa del costo e dell’impegno richiesto per apprezzarlo, che il mercato lo vive come una goccia in un oceano.
“Nell’ordinare dalla tua carta dei vini noti una scelta dettata da qualità, sostenibilità ambientale, prezzo?”
Se parliamo di giovani, noi cerchiamo sempre di consigliare una bevuta identitaria del territorio.
Tendiamo a “guidare” gli ospiti nelle loro prime scelte scegliendo bottiglie in cui ci sia la certezza di poter regalare un calice “autentico”. In generale la nuova generazione ha una certa attenzione alla sostenibilità ed alla qualità.
Il prezzo è un elemento che li influenza, ma non sempre viene percepito come valore.
Nella fascia diciotto/venticinque anni rileviamo un consumo di vino orientato alla mescita, magari con la possibilità di provare vini diversi durante una cena. A partire dai trenta anni le scelte sono ormai dettate dall’esperienza personale in cui spesso vince la storia dietro l’etichetta. Se un vino ha una storia da raccontare, la sua proposta trova spesso un riscontro positivo nel cliente.
Con Filippo, aprendo il cassetto delle “storie da raccontare” di donne e uomini vignaioli per passione, abbiamo continuato a dialogare dalla sua terrazza con lo sguardo verso il mare.
In tempi frenetici, fatti di complessità, bisogna valorizzare la dimensione emotiva, sentimentale ed affettiva. Il vino è pieno di produttori autentici capaci di far vivere “quel bicchiere” in una visione di agricoltura sostenibile a cui le nuove generazioni tendono.