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Cristina Chirichella: “Capitana coraggiosa e… responsabile!”

“Il momento più bello di un gran Mondiale? Quando si torna da un gran Mondiale!”

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Bulgaria-Italia 0-3.

Canada-Italia 0-3, poi Italia-Cuba 3-0,  Turchia-Italia 0-3 e infine Italia-Cina 3-1. Superato, da vera schiacciasassi, il girone della prima fase. Nella seconda, stesso impeccabile copione: Italia-Azerbaigian 3-0, poi Italia-Thailandia 3-0, Italia-Russia 3-1 e infine Italia-Stati Uniti 3-1. Un altro super-gruppo concluso al primo posto. Solo un maniaco di antiquariato calcistico potrebbe pensare che stiamo parlando di un’esaltante marcia azzurra in un mondiale come quelli del 1978 o dell’82 (nelle due edizioni che abbiamo ricordato, infatti, il format prevedeva che tanto il primo quanto il secondo turno fossero strutturati in gironi).

Acqua, cari miei: benvenuti nel mondiale femminile di pallavolo del 2018. Quello che ha visto le azzurre della schiacciata arrivare a fallire di pochissimo il bis dell’apoteosi iridata del 2002. Un’impresa comunque degna – se proprio se la vuole rapportare ai grandi annali calcistici – di stare accanto a quelle della Nazionale di Mexico ’70 o di Usa ’94. Ma le ragazze di Davide Mazzanti forse sono riuscite a fare anche meglio: a differenza degli uomini di Valcareggi e di Sacchi, infatti, in finale loro non hanno mollato, tutt’altro. Lungi dal presentarsi troppo provate o troppo stanche, hanno dato vita ad una partita epica, la più giusta conclusione di un mezzo autunno da leonesse del Sol Levante.

E va da sé che (ma questa è la pallavolo) per arrivare a pochi passi dal traguardo, le partite precedenti le avevano dovute vincere quasi tutte. L’unica stecca, nel girone che ha preceduto le semifinali (e sì, perché anche il terzo turno è articolato in gironi), guarda caso ad opera di quella stessa Serbia che poi ci avrebbe battuto di nuovo nell’ultimo atto.

Ah, se la Boskovic e compagne fossero state come la Polonia di Boniek a Spagna ’82, tanto ostica al primo turno quanto friabile in semifinale! Ma che importa? Alla fine ciò che conta è che la sequenza Ortolani-Cambi-Malinov-De Gennaro-Nwakalor-Chirichella-Danesi-Fahr-Pietrini-Lubian-Bosetti-Sylla-Egonu-Parrocchiale potrebbe diventare, col tempo, una specie di rosario, come la formazione degli eroi del ’70. Di questo rosario uno dei grani fondamentali è proprio lei, Cristina Chirichella, il Baresi della situazione, o il Facchetti. Sì, insomma, la capitana.

Cristina, questo è il tuo secondo argento in azzurro e, prima di tutto, il tuo secondo argento come capitano azzurro. Come interpreti questo ruolo?

Sì, secondo anno da capitana: aver già gustato l’aria del podio è una gran bella soddisfazione. Quello del capitano è un ruolo non semplice ma molto motivante, richiede tante responsabilità che sto imparando ad affrontare.

Praticamente sei diventata il capitano della Nazionale in contemporanea con l'avvento sulla panchina azzurra di coach Mazzanti. Ci fai un suo breve ritratto?

È un allenatore che ha portato tanta innovazione; all’inizio non era semplice soddisfare le sue richieste ma continuando a lavorare, e seguendo le sue indicazioni, io e le mie compagne siamo arrivate al top.

Quali sono i tuoi ricordi più belli dell'ultimo, esaltante mondiale 2018?

Be’, se devo essere sincera, a ripensarci il momento più bello è stato proprio tornare a casa alla fine di tutto, con in valigia sia il peso che la gioia di quell’argento.

Se dovessi paragonare l'impresa della tua squadra azzurra in questo mondiale nipponico a quella di una nazionale di calcio in un determinato mondiale, quale sceglieresti?

A parte il risultato del 2006 non ricordo altri podi della nazionale di calcio ...;P (Cari eredi di Meazza, Rivera e Rossi, beccatevi questa, ndr.)

Nello spot di presentazione fatto dalla Rai per gli ultimi mondiali si vedono molte delle giocatrici della nazionale "cartoonizzate": la tua passione per la pallavolo ti è nata anche guardando alcuni cartoni animati cult giapponesi?

Assolutamente si, è nato tutto grazie a Mila e Shiro. Ed essere digitalizzati come loro, detto  in termini “giovanili”, è una gran figata!

In una recente intervista televisiva, invece, Maurizia Cacciatori, altro mito della pallavolo italiana in rosa, confessava di aver scoperto  la sua vocazione per il volley guardando Mimì Ayuhara. Dobbiamo dire grazie a queste due fondamentali “scuole” pallavolistiche della tv se sono venute fuori almeno un paio di generazioni straordinarie di atlete.

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