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Iacovino: "Attenti allo sceriffo"

"La vittoria del terrorismo sta nell'aver reso popolare un'ideologia"

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La terza guerra mondiale combattuta a pezzettoni?

O piuttosto un conflitto, globale sì,ma che vede contrapposto l’Occidente civile e progredito all’islamismo oscurantista e fanatico? E l’interventismo di Trump, che promette di essere non meno perturbante di quello di Bush junior (di cui sanno qualcosa Iraq e Afghanistan), aprirà nuovi fronti di emergenza nell’emergenza? Perché in fondo questa estenuante, sanguinaria guerra al terrorismo che ci rende tutti psicolabili è una spettacolare, feroce divagazione sui soliti grandi problemi che, se fossero veramente risolti, consentirebbero davvero di far svoltare il mondo post-muro di Berlino.Non è un caso che nell’ultimo G7, tenutosi a Lucca, la conclusione sia stata questa: la Siria e Assad sono certamente un’urgenza, ma non bisogna dimenticare che il vero cancro per il Medio Oriente resta pur sempre il “caro, vecchio” conflitto israelo-palestinese. E poi, restando sullo scacchiere orientale, c’è la questione iraniana, e poi c’è il giovin tiranno con gli occhi a mandorla che regna incontrastato a Pyongyang. E nei confronti del quale Trump sarebbe tentato di agire a modo suo, e in tempi anche piuttosto brevi. Cerchiamo di fare il punto della situazione con l’aiuto di Gabriele Iacovino,  coordinatore degli analisti del Centro Studi Internazionali.

Dottor Iacovino, dal 2001 viviamo in un'epoca di guerra permanente del terrorismo e contro il terrorismo islamico. C'è anche un'escalation di attentati che li rendono un'emergenza continua, in Europa e nel resto del mondo. In fondo, però, non proprio tutti gli attentati che occupano le prime pagine dei giornali sono veramente di matrice terroristica (si tratta,  in taluni casi, di atti para-terroristici o emulativi): al di là delle rivendicazioni e dell'effetto emozionale (soprattutto in termini di psicosi), ci sono dei tratti distintivi che fanno di un attentato terroristico un'azione fatta da professionisti e non da dilettanti simpatizzanti?

Il terrorismo non ha, per sua stessa natura, bisogno di strutture o organizzazioni. È questa la vittoria più grande dello Stato islamico, se si parla di terrorismo a matrice salafita: rendere un’ideologia alla portata di tutti coloro la vogliano utilizzare. È vero che rispetto al passato, in Occidente ci sono meno morti per mano di attentati terroristici, ma è parallelamente lampante che il livello di allerta nelle nostre città e i controlli a cui come singoli cittadini dobbiamo sottostare non sono paragonabili a quelli di 10/15 anni fa. Questa è già una vittoria per il terrorismo

Perché l'Isis si è sovrapposto al Qaeda? Sono due realtà in continuità tra di loro?

Sono due realtà diverse. Al-Qaeda era una società di “servizi”: chi aveva un progetto terroristico lo poteva presentare a Bin Laden per un’approvazione e un finanziamento. ISIS è stato il gruppo che volle farsi Stato, amministrando il territorio e proponendo la dialettica terroristica come ideologia anche per i giovani europei in cerca di un’identità. Combattere lo Stato islamico, così come al-Qaeda, solo come un problema securitario, e non anche come una problematica sociale ed economica, significa non comprendere appieno il fenomeno, in Iraq come in Europa.

Al di là delle intenzioni "umanitarie", l'attacco a sorpresa di Trump in Siria può essere considerato una mossa clamorosa per distrarre l'attenzione degli osservatori da eventuali piani militari contro la Corea del Nord?

Non è una mossa per distrarre l’attenzione, ma per mandare un messaggio al mondo: c’è un nuovo sceriffo in città, e tutti, compresa la Corea del Nord, ne devono essere consapevoli. Se poi questa strategia sia vincente o no, solo il tempo ce lo dirà.

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