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Manovra, perché Giorgetti fa bene a temere i mercati

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Le parole di Giancarlo Giorgetti sono simili a quelle che tutti i ministri dell'Economia hanno sempre usato alla vigilia di una manovra. Spetta al titolare di via XX Settembre difendere i conti pubblici dall'assalto che puntualmente le forze della maggioranza muovono alle poche risorse disponibili per sostenere la politica economica. Si dirà, è il suo mestiere. Non prendere però nella giusta considerazione quello che il ministro ha voluto evidenziare sarebbe riduttivo, e pericoloso.  

 

"A me non fa paura la Commissione europea, a me fanno paura le valutazioni dei mercati che mi comprano il debito pubblico", ha detto Giorgetti, spiegando anche in maniera puntuale cosa intende: "A un certo punto si tira una linea, il bilancio deve quadrare: il Parlamento a breve dovrà approvare il numeretto del deficit" e "bisogna che sia un numero ragionevole che dimostri la volontà del Paese di tornare a una politica fiscale prudente". 

 

Dire esplicitamente che fanno "paura le valutazioni dei mercati" che comprano il debito pubblico vuol dire ammettere che non è percorribile l'ipotesi di ignorare il rischio concreto che lo spread possa tornare su livelli di guardia e che una nuova ondata di speculazione possa colpire l'Italia. Con i mercati, è la premessa del ministro dell'Economia, è indispensabile fare i conti. Per questo parla del numero che indica il deficit come di un numero che "deve essere ragionevole" e che deve dimostrare "la volontà del Paese di tornare a una politica fiscale prudente". E' un avvertimento esplicito alle forze della maggioranza, su diversi fronti. Quello più immediato riguarda le richieste e le misure di bandiera che dovranno avere molto meno spazio di quanto possano immaginare. L'altro, più strutturale, riguarda il rapporto con l'Europa. Se i mercati devono far paura, per ragioni oggettive, non deve far paura la Commissione europea. A questo, pensando al negoziato sul nuovo Patto di stabilità, all'attuazione del Pnrr e alla ratifica del Mes, serve il richiamo alla politica fiscale prudente. Che non vuol dire una politica rinunciataria, perché la politica fiscale prudente, con i mercati che concedono fiducia e non penalizzano scelte avventuriste, può aprire e non chiudere nuovi margini di manovra.  

 

Il momento secondo Giorgetti è "decisivo". Non tanto per la manovra, quanto per regole che possono cambiare la prospettiva: "Un crocevia storico è quello che abbiamo discusso nell’ultimo Ecofin, è la nuova governance economica che si dovrà tradurre in un nuova disciplina di bilancio". Per questo ha ragione ad aver paura dei mercati e non della Commissione Ue. (Di Fabio Insenga)  

 

 

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