Lo abbiamo chiesto a Armando Vitali, specialista degli immobili per l’impresa e Presidente ASCOM Confcommercio Roma X° Municipio e Litorale Romano.
Cosa pensa delle catene della GDO?
Le catene della Grande Distribuzione Organizzata hanno completamente ridisegnato sia le abitudini dei consumatori sia la morfologia delle città, posizionandosi in aree prevalentemente periferiche, precedute o seguite da insediamenti abitativi o in alcuni casi veri e propri quartieri.
Hanno ottimizzato il rapporto di filiera tra produzione e distribuzione rendendo di fatto impossibile la competizione da parte del piccolo commerciante.
Ancor prima dell’avvento dell’e-commerce hanno senz’altro sottratto molto al piccolo negozio sotto casa, ma credo che queste catene possano anche essere prese a modello e studiate proprio per utilizzare alcuni strumenti a favore del rilancio del commercio su strada.
Non dimentichiamo però che anche la Gdo, oggi, in un mercato in così profondo mutamento e con la feroce competizione del commercio online e dell’avvento dell’intelligenza artificiale, è di fronte ad una grande sfida di riposizionamento sul mercato.
Quali sono i parametri per conoscere il giusto canone di locazione di un immobile commerciale?
Prima in base alla posizione si deve identificare quali sono le tipologie di utilizzatori più adatti o funzionali, poi si parametra il canone in base alle incidenze sul fatturato potenziale del conduttore. In sostanza, non si può solo avere il focus sul locatore cercando solo il prezzo al mq, ma, come il mercato insegna, è necessario orientarsi verso il cliente, che in questo caso è il conduttore dell’immobile. Per dare un esempio, un supermercato calcola il canone di locazione sostenibile nella misura del 3% circa sul fatturato stimato di quel punto vendita. Ma la casistica è ampia e queste percentuali possono variare in base alla tipologia di attività.
Confesercenti calcola come già siano 32mila i negozi in meno rispetto al 2011. Un’«emorragia che ha bruciato almeno 3 miliardi di euro di investimenti delle imprese» mentre nel 2019 si apprestano a sparire altre 5mila attività commerciali, al ritmo di 14 al giorno. Perché?
Per via dell’avvento del commercio online, e ancor prima dei centri commerciali. Questi fanno leva su uno dei nostri istinti primordiali più profondi, quello della ricerca della comodità, della semplificazione. Ma soprattutto, ritengo, per colpa di una colpevole disattenzione della politica nei confronti del piccolo commerciante, il quale, ormai da anni, non può che essere considerato un “eroe”.
Ha evidenziato differenze di vantaggi/svantaggi riguardo agli immobili commerciali tra Nord, Centro, Sud e Isole?
Il tasso di crescita in tutte e quattro le aree presenta risultati peggiori, rispetto al 2017. Le due circoscrizioni del Nord, come già nell’anno precedente, restano al di sotto del valore medio nazionale; a fronte di un tasso di crescita nazionale pari allo 0,52% il Nord-Ovest arriva allo 0,19% mentre il Nord-Est, unica tra le circoscrizioni, scivola in campo negativo con una riduzione di 769 imprese. Nelle altre due macro-ripartizioni, il Centro segna un +0,8% mentre il Mezzogiorno arriva a sfiorare una crescita dell’1%; il 59,2% dell’intero saldo (18.705 imprese su 31.615) è localizzato al Sud.
Bilancio imprenditoriale attivo per 14 delle 20 regioni italiane. In termini assoluti, continua a primeggiare il Lazio (10.221 imprese in più), seguito da Campania (+7.866) e Lombardia (+4.551). Il Lazio (+1,57%) registra la crescita più sostenuta anche in termini relativi; seguono la Campania (+1,34%) e la Puglia (+0,91%). Rispetto all’anno scorso migliorano Trentino, Liguria, Abruzzo e Molise. Per tutte le altre, il 2018 è un anno da lasciarsi alle spalle, al più presto.
Tasso di crescita |
2018 |
2017 |
Nord Ovest |
0,19 |
0,31 |
Nord Est |
-0,7 |
0,2 |
Centro |
0,80 |
1,01 |
Sud e Isole |
0,92 |
1,35 |
ITALIA |
0,52 |
0,75 |
Imprese registrate al 31/12/2018
Nord Ovest 1.569.325
Nord Est 1.153.007
Centro 1.336. 211
Sud e Isole 2.041.129
Totale 6.099.272
Tre consigli per chi vuole acquistare un immobile commerciale e tre errori da evitare
- Affidarsi a professionisti esperti (agenti immobiliari) che redigano sia la giusta valutazione commerciale, sia una verifica della situazione urbanistica, catastale e ipotecaria. Il primo aspetto è ancora troppo sottovalutato;
- È una fase favorevole per acquistare, sia per i prezzi che per i tassi di mutuo;
- Sia che si decida di acquistare l’immobile per una propria attività o come uso investimento, domandarsi sempre quali prezzi e collocazioni potrebbe avere nel caso in cui lo si debba locare. Il contratto di locazione è il vero termometro degli immobili commerciali, anche in caso di acquisto!
Errori da evitare:
- Paragonarlo ad un immobile residenziale in caso di investimento: sono due mondi separati! L’immobile commerciale a parità di investimento, deve rendere almeno il 50/60% in più, altrimenti non è un buon investimento, fatte sempre le dovute eccezioni in casi particolari;
- Sottovalutare lo studio della documentazione edilizia ed urbanistica, un abuso, o la mancanza di un certo documento (ad esempio, l’agibilità). In un negozio, pur non impedendone il trasferimento immobiliare, in certi casi potrebbe implicare enormi se non insormontabili problemi in merito al rilascio delle autorizzazioni amministrative o sanitarie per svolgere una data attività commerciale;
- Sottovalutare la posizione esterna rispetto alle condizioni interne. Deve essere prima bello o funzionale fuori, e poi dentro.
Qual è il trend del mercato immobiliare commerciale italiano per il 2020?
La Tendenza sarà la medesima dal 2013 ad oggi, ossia un aumento delle compravendite, però con una curiosa particolarità. Da una fonte Nomisma, i prezzi di uffici e negozi nel 2020 decresceranno, per poi rivedere un piccolo aumento nel 2021.