Stress bancario.
O sofferenza bancaria. Ė la classica situazione in cui una banca o, anche, un intermediario che abbiano erogato un finanziamento si trovano letteralmente a “patire” una situazione di riscossione non certa dovuta al fatto che i soggetti a cui si richiede il credito si trovano in uno stato d’insolvenza, anche per un periodo dalla durata non quantificabile.
In Italia le sofferenze bancarie coprono l’11,2% del totale degli impieghi (in questo caso non c’entra l’altra grande emergenza della disoccupazione: gli impieghi sono, nel linguaggio bancario, i prestiti totali concessi), e si pongono dunque assai al di sopra della media Ue.
Carta canta, lo certifica una tabella del Fondo Monetario Internazionale contenuta nel GFST, Global Financial Stability Report (naturale prosecuzione in senso drammatico dei numeri pubblicati dalla Cgia di Mestre all’inizio dell’anno, che parlavano di un raddoppio delle sofferenze bancarie negli ultimi quattro anni): facendo un confronto solo con altri due importanti Paesi Ue, Spagna e Inghilterra, si vede infatti che esse si attestano al 6,7% per quanto riguarda il paese iberico, e al 2,8% in terra anglosassone.
Il peso delle sofferenze grava sul sistema bancario italiano, nonostante i “passi costruttivi” (sono parole del report) intrapresi. Ai dati l’Fmi associa un avvertimento: nella zona euro (quindi, fortunatamente, non solo in Italia, ma anche in Italia) l’elevato livello di crediti deteriorati, 900 miliardi di euro, deve essere “urgentemente” contrastato.