+0,3%. Sono le ultime stime relative all’occupazione nell’Eurozona (in Italia il dato è del +0,4%). Bene anche la vendita delle auto nei 28 paesi Ue + i 4 dell’Efta, cresciute del 13,7% a novembre rispetto allo stesso periodo del 2014 (e in Italia le immatricolazioni crescono del 15,5%).
Crisi alle spalle, dunque, nella zona Euro? Purtroppo Jean-Claude Juncker non è di questo parere.
Il presidente della Commissione europea, infatti, a Strasburgo, nel fare il “punto di fine anno” sullo stato di salute attuale dell’economia nell’Unione ha puntualizzato con chiarezza che le politiche monetarie della governance dell’Ue devono fare ancora i conti “con una ripresa che si mostra a tutt’oggi fragile, e con livelli alti di disoccupazione (a dispetto, comunque, delle ultime stime ricordate in apertura di pezzo, ndr)”, dal momento che la crisi, nonostante alcune avvisaglie che farebbero pensare il contrario, “non è ancora finita”. L’unico lato positivo, secondo Juncker, è che questa situazione con margini residui di ulteriore risolvibilità rappresenta uno sprone per fare ancora meglio, dunque “uno spiraglio di opportunità per potare avanti l’agenda della crescita, dell’ocupazione, degli investimenti e delle riforme”.
Ancor più significativo è però, forse, un altro passaggio dell’intervento del presidente della Commissione: quello in cui si occupa della natura politica dell’Unione, strettamente connessa con quella economica. Anzi, secondo la sua opinione, nel progetto Ue le due nature si equivalgono profondamente. “Il Parlamento dell’Ue è prima di tutto il Parlamento dell’Euro, che è un progetto politico di per se stesso, e ha dunque bisogno di una vigilanza politica di responsabilità”.