Dagli amici degli sciiti non è possibile accettare nessun piano di pace.
Sembra essere questa la motivazione che ha spinto il governo yemenita (quello in esilio ad Aden, naturalmente) a rifiutare, domenica 19 aprile, il piano di pace per lo Yemen proposto da Teheran alle Nazioni Unite due giorni prima ed articolato in quattro punti. Ė noto come la coalizione a guida saudita, a sostegno del governo spodestato di Hadi, la pensa nei confronti dell’Iran e dei legami con i ribelli Houthi: alcuni giorni fa il Paese degli ayatollah era stato definito dai vertici dell’alleanza che conduce l’operazione “Tempesta risolutiva” come una sorta di “burattinaio” dei fondamentalisti sciiti che sostengono l’ex presidente Saleh, voglioso di riprendersi il potere.
Secondo Hadi così come secondo Riad e i suoi alleati, Teheran avrebbe una precisa strategia, mirata ad espandere la propria influenza nella terra che un tempo ospitò il felice e opulento regno di Saba. Nel dettaglio, comunque, il documento che era stato proposto a New York da Rouhani prevedeva un cessate il fuoco immediato, un programma di assistenza umanitaria, la ripresa del dialogo tra le fazioni in lotta nello Yemen e la formazione di un governo di unità nazionale.
Intanto un soldato dell’esercito di Riad è rimasto ucciso in scontri alla frontiera tra Arabia Saudita e Yemen iniziati venerdì scorso. Lo ha riferito il portavoce della coalizione, il generale Al-Assiri.