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L'Isis farà breccia in Asia?

Il Califfato islamico minaccia di estendersi verso il continente

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L'ultimo mese è stato caratterizzato da frequenti avvistamenti della bandiera nera islamica in molte zone asiatiche. Un rincorrersi di notizie che dava l'Isis in Kashmir, India, Pakistan o addirittura Afghanistan: tutte zone d'influenza dell'organizzazione terroristica che ormai è indicata come “concorrente” e nemica del Califfato: Al Qaeda.

Alcune di queste voci sono riferite all'arresto di alcuni “reclutatori”tra India e Pakistan, altre solo per “dichiarazioni di fedeltà” da parte dei comandanti di gruppi fanatici religiosi nei suoi confronti, come le affermazioni di alcuni funzionari di polizia afghani secondo i quali lo Stato islamico sarebbe molto attivo nel sud del loro paese.
Certo è che le posizioni oltranziste dell'Isis, rette su un fanatismo salafita che non ammette nessun contatto con altre ispirazioni musulmane, vanno a scontro diretto con l'ideologia religiosa di tipo sunnita di Al Qaeda, che già radicata da tempo in alcune zone dell'Asia non permetterà l'influenza dell'Isis, non almeno senza immaginabili spargimenti di sangue.
Eppure la probabilità che le milizie del Califfato, le quali non perdono occasione di dare sfoggio organizzativo militare fin troppo evidente per essere bande raccogliticce di fanatici religiosi, possano marciare nel continente asiatico non è affatto irreale: potrebbero cambiare gli schemi e le tattiche, ma una sua penetrazione forse è già in atto, magari attraverso l'appoggio di gruppuscoli isolati oppure dando vita con alcuni di questi ad “alleanze strategiche” con “La Base” islamica sunnita: un'eventualità già accaduta nel tempo, tra matrici terroristiche differenti, quindi tutt'altro che improbabile, pur sempre limitata ad accordi tra piccoli insiemi.
Un altro particolare, tutt'altro che irrilevante, potrebbe aiutare la “spinta asiatica” dell'Isis: la strategia di uno stato islamico controllato e segnato da confini da qualche tempo mostra segni di cedimento, come dimostrato da alcune sconfitte subite a causa dei peshmerga in Kurdistan, dovuti pare a problemi logistici e informativi della struttura, che forse i predoni in mimetica non hanno messo in conto.
Questo potrebbe spingere il Califfato verso i “fertili” territori asiatici grazie alla sua potenza in termini di armi e denaro, tentazioni fin troppo facili per molti disperati tra le popolazioni coinvolte.
Tutto questo in una nuova ottica strategica mondiale, che vorrebbe l'Isis espandersi come una multinazionale del terrore senza confini specifici oppure pronta a far esplodere tensioni in aree lontane dalla sua influenza geografica per aver modo di consolidare posizioni in luoghi dove è già fortemente presente.


Una minaccia forse risibile, quella asiatica, degli oltranzisti islamici e forse lontana dallo strapotere esercitato finora in Siria o Iraq, ma sufficiente a minare o destabilizzare lo spesso precario scenario geopolitico asiatico.


 

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