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Due anni dalla morte di Gino Strada

Il fondatore di Emergency ci ha lasciati all’età di 73 anni

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«Arrivò la notizia, ci prese come un pugno, ci gelò di sconforto» e «si rabbuiò la stanza». I versi di Guccini possono raccontare perfettamente il sentimento che accomunò milioni di italiani, e tantissimi altri in tutto il mondo, in un caldo giorno di Agosto. In pochi minuti fece il giro dei social e delle redazioni la notizia della scomparsa di Gino Strada, il chirurgo di guerra fondatore di Emergency e punto di riferimento per moltissimi. 

La canzone di Guccini si intitolava Stagioni e Strada ha rappresentato tante stagioni della storia italiana degli ultimi decenni. Brillante studente di medicina, chirurgo di guerra con la Croce Rossa Internazionale e poi con l’associazione Emergency (da lui fondata insieme alla prima moglie Teresa Sarti), testimone degli orrori della guerra e suo strenuo oppositore. Questa è in sintesi la sua biografia ma sarebbe un freddo racconto, una cronaca che non restituirebbe molto altro. Una vita straordinaria, sempre in prima fila, di amore e passione, di umanità e di generoso donarsi alle vittime di questo mondo. Non racconterebbe quella passione e quella dedizione che lo hanno portato alla nascita di Emergency coinvolgendo in pochissimi giorni gruppi musicali come I Nomadi (i primi a farlo salire su un palco) e trasmissioni televisive come il Maurizio Costanzo Show, il mondo dello spettacolo e dell’imprenditoria. E soprattutto migliaia, se non milioni, di volontari che dal 1995 ad oggi continuano a scrivere pagine straordinarie di volontariato ed impegno nelle zone più martoriate e insanguinate del mondo. E anche in Italia, con gli ambulatori mobili nelle zone del terremoto del centro Italia o nei luoghi dello sfruttamento dei caporali accanto ai lavoratori schiavizzati, per i migranti e i più impoveriti della società. 

Una fredda e scarna biografia non racconterebbe l’indignazione e il dolore con cui Gino Strada entrava nelle nostre case dalla televisione testimoniando quel che in prima persona stava vivendo in Afghanistan o in Sierra Leone, rispondendo con schiena dritta e grande franchezza a chi pontificava dagli italici salotti. Non racconterebbe la forza del sogno di un mondo senza guerre, in cui finalmente l’orrore bellico non porterebbe più massacri e morte tra i più deboli, tra i civili ormai oltre il 90% delle vittime. L’impegno contro le mine antiuomo, i pappagalli verdi da lui denunciati in un libro, e per un mondo in cui nonviolenza e umanità siano finalmente al centro del destino dell’umanità. Quell’umanità lacerata, distrutta, devastata, uccisa ogni giorno nei tanti, troppi conflitti sul Pianeta. 

Vent’anni fa una immensa mobilitazione contro ogni guerra attraversò il mondo. In Italia partì tutto da una sua intuizione, da un appello di Emergency: stracci bianchi per esprimere il proprio no alla guerra, per un’alternativa alle guerre. Quel movimento coinvolse milioni di persone, mobilitò associazioni, parrocchie, movimenti, cittadini. E la politica dei palazzi. Quella politica contro cui Gino Strada si scagliò senza indugi e senza accondiscendenze verso nessuno, qualunque fosse il “colore” politico. La coerenza e l’essere presente in zone di guerra, conoscendo una realtà di fronte cui le chiacchiere dei salotti italici, i tatticismi e i politicismi spariscono insignificanti lo ha portato ad essere critico e ad entrare in forte polemica anche con ampi settori di quello stesso movimento che partì dalla mobilitazione della sua associazione. Poteva ergersi a “guru”, a “leader”, lucrare consensi e applausi. Ma Gino Strada non era uomo da applausi facili, non era persona che cercava consenso e affermazione personali. Era scomodo, sapeva essere scomodo, come possono esserlo soltanto coloro che vivono in prima persona i propri ideali e passioni. Quella passione che lo portò a costruire ospedali punto di riferimento  di eccellenza nei luoghi più martoriati del mondo, a sognare e costruire un centro di cardiochirurgia nel cuore dell’Africa più povera al servizio di milioni di persone dalla Somalia all’Egitto. Quella coerenza e quegli ideali che lo portarono a tornare in prima linea dopo i problemi di cuore avuti nella seconda metà degli anni novanta e a rimanere sempre solo accanto alle vittime, indipendenti da ogni governo. Nella primavera 2001 l’ospedale di Emergency in Afghanistan fu attaccato dai talebani, furono costretti a chiuderlo per alcuni mesi e riaprì solo dopo l’inizio della guerra statunitense. Rimanendo fedele e coerente ai principi del soccorso umanitario, attaccato in Italia da chi è seduto comodo in poltrone e sofà ed entrando nel mirino del nuovo governo così come accadde con i talebani. 

Due anni dopo la scomparsa di Gino Strada resta l’immenso impegno di Emergency e la necessità di continuare a costruire umanità lì dove viene quotidianamente lacerata e calpestata, a sognare un mondo senza guerre in cui non ci siano più i più deboli a morire per gli interessi e le strategie dei ricchi e potenti.   

 

 

 

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