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'Caso Schettino bis' per il naufragio del traghetto con gli studenti in Corea del Sud

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Un altro caso Schettino, questa volta in Corea del Sud.

Il capitano del traghetto Sewol, affondato mercoledì mattina al largo delle coste meridionali sudcoreane, è finito nella bufera per aver abbandonato la nave, saltando sulla prima scialuppa di salvataggio, malgrado almeno 300 dei 475 passeggeri fossero ancora a bordo del 'suo' traghetto.

Sui media di Seul è comparso, tra le principali tragedie del mare, il riferimento al naufragio della Costa Concordia al largo dell'isola del Giglio, con qualcuno che fa spuntare il paragone con la condotta del suo comandante Francesco Schettino. "Sono davvero dispiaciuto e mi vergogno profondamente. Non so cosa dire", ha ammesso, circondato da reporter e microfoni delle tv sudcoreane indossando una felpa grigia e nascondendosi nel suo cappuccio, Lee Jun-seok, 69 anni, capitano della Sewol ed esperto del settore con oltre 30 anni d'esperienza. Prima degli interrogatori della guardia costiera, Lee si è rifiutato di dare dettagli sulla dinamica delle disposizioni sia sull'emergenza sia delle procedure di evacuazione. Il problema, rimarcato nella rabbia e nella disperazione dei parenti dei 286 ancora dispersi, in gran parte degli studenti in gita delle scuole superiori di Ansan. 

Il traghetto, partito per la nebbia con tre ore di ritardo da Incheon, avrebbe preso una rotta leggermente diversa da quella consigliata dal ministero degli Affari marittimi: una mossa, è il dubbio, per recuperare tempo sull'arrivo all'isola di Jeju. Con il passare del tempo le chance di trovare i dispersi si affievoliscono, mentre il maltempo e il mare mosso hanno fermato per tutta la giornata le centinaia di soccorritori.

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