La strage di Baton Rouge?
Nelle abili mani del fuochista Trump si è tramutata in carbone che è servito ad alimentare la caldaia della sua macchina delle polemiche contro il presidente Obama.
Sa di avere il vento in poppa quanto a gradimento popolare, il bilionario di New York, e, in attesa di incrociare le armi il prossimo novembre con la lady di ferro del Partito Democratico, Hillary Clinton, continua ad allenarsi non perdendo un'occasione per sparare a zero sul presidente uscente. Esercitazione da palestra, prova muscolare. Ma anche una strategica anticipazione online della sua performance di Cleveland, teatro della sua incoronazione a candidato presidenziale repubblcano. “Obama non ha idee”: così Trump si era espresso su Twitter il 18 luglio, in coda alla conferenza stampa in cui aveva esplicitato il suo parere sulla strage nella capitale della Louisiana e a poche ore dalla partenza dei lavori della convention repubblicana nell'Ohio (iniziata, appunto il 18 e conclusasi il 21 luglio).
“Il nostro Paese è diviso e fuori controllo, e, quel che è più grave, le cose peggioreranno, non è accettabile”. E poi: “Proprio mentre stiamo cercando di combattere al meglio ed efficacemente l’Isis, ecco che la nostra gente uccide la nostra polizia». “Siamo in lutto per gli agenti uccisi a Baton Rouge. Ma quanti ne devono morire per mancanza di leadership? Chiediamo ordine, legge e ordine.»
Nella sua replica Obama non aveva inseguito il candidato repubblicano sul terreno della provocazione: si era mantenuto, anzi, minimalista e, con la sobrietà impostagli dal dolore intimamente sofferto per la sua comunità colpita ancora una volta al cuore, aveva invitato a moderare i toni e soprattutto a non esagerare con la retorica politica.