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Caso Cucchi, Cassazione accoglie richieste pg

Su assoluzioni e rinvii a giudizio accontentato Rossi

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Martedì 15 dicembre: giorno dell’udienza in Cassazione, a Roma, sul caso di Stefano Cucchi.

Nella sua requisitoria il procuratore generale, Nello Rossi, aveva chiesto ai giudici di confermare l’assoluzione per i tre agenti di polizia penitenziaria che erano stati precedentemente incriminati. Però nello stesso tempo li aveva anche pregati di “ non mettere una pietra tombale sulle cause della sua morte”. E questo perché era lui per primo a non avere dubbi nel definire la vicenda del giovane detenuto “un fatto di eccezionale gravità”,  né nel riconoscere l’evidenza oggettiva del fatto che le violenze subite da Stefano Cucchi "sono avvenute tra il momento della perquisizione notturna a casa dei genitori e la fine della sua permanenza a piazzale Clodio, per la convalida dell’arresto”. In realtà questa è una visione di svolta: fino ad ora si era pensato per lo più che Cucchi fosse stato picchiato a sague, sistematicamente, dopo esser stato sbattuto in galera.  

Nel corso della stessa requisitoria, Rossi ha chiesto di confermare l‘assoluzione anche per un medico e di annullare, invece, con rinvio, quelle per altri cinque medici dell’ospedale “Pertini”, già tutti assolti in appello dall’accusa di omicidio colposo

Con il caso Cucchi, aveva proseguito il pg, “ci troviamo di fronte ad un capitolo clamoroso di sciatteria e trascuratezza”, specie per quanto riguarda "l’assistenza fornita al ragazzo all’ospedale Pertini”. Tutte le richieste, in serata, sono state accolte. Tra gli assolti ci sono anche tre infermieri del "Pertini". I familiari del ragazzo, rappresentati in aula dal loro legale, Fabio Anselmo, avevano fatto sapere per bocca di quest'ultimo già prima della sentenza, che non avrebbero intesofare un ulteriore ricorso in Cassazione per l'assoluzione degli agenti. 

Stefano Cucchi, geometra trentaduenne di Roma, incensurato, venne fermato dai carabinieri (su di essi ora si concentrano le indagini) la notte del 15 ottobre 2009 perché beccato nel tentativo di cedere un certo quantitativo di droga ad una persona non meglio identificata: considerato dunque uno spacciatore,  venne portato in caserma e messo subito sotto custodia cautelare. Più tardi si sarebbe scoperto che era egli stesso un consumatore di quelle sostanze (hashish e cocaina) che stava cercando di scambiare, ma questo non migliorò certo la sua situazione, così come il fatto che, insieme agli stupefacenti, il giovane portava con sé anche alcuni medicinali, poiché soffriva di epilessia. Già esilissimo e tutt’altro che in salute quando venne prelevato dai militari dell'Arma, Cucchi peggiorò a vista d’occhio in capo a poche ore: il giorno successivo alla sua messa in carcere, al processo per direttissima si presentò malconcio in maniera evidente, con un disagio penoso nel camminare e nel parlare e misteriosi quanto inquietanti ematomi agli occhi.

Sembrava mostrare, insomma, indiscutibili segni di pestaggio, al limite del massacro, ma le sue difficoltà locutorie (oltre che l'innegabile stato di prostrazione psicologica, e le minacce subite) non aiutarono certo a stabilire la verità dei fatti. Da parte del giudice, poi, nessuna pietà: il giovane, pur ridotto allo stato larvale, avrebbe comunque atteso una nuova udienza dietro le sbarre, a Regina Coeli. Dove, secondo la versione di coloro che pensano agli “aguzzini”,  chi gli aveva già fatto assaggiare la tolleranza zero per i “mercanti di morte” avrebbe completato l’opera. Il referto medico sul suo cadavere, agghiacciante, va nella direzione di avvalorare questo scenario. Esiste però un’altra versione, quella di chi pensa che Cucchi, piuttosto, sia morto in carcere non per le violenze subite, ma per una crisi di astinenza da droga, congiunta, probabilmente, ad un attacco epilettico.

Sarebbe stata la droga, insomma,  a debilitargli progressivamente l’organismo e a renderlo cadaverico,  mentre i segni di violenza per metà potrebbero essergli stati inflitti da altri, per metà potrebbe esserseli inflitti addirittura da sé, in preda alle allucinazioni da epilessia. E poi c'è la versione del pg: Cucchi stava già male per conto suo, ma la sua salute è stata ulteriormente minata subito dopo l'arresto, e in modo irreversibile, dal carico di maltrattamenti fisici (calci, pugni e schiaffi) riservatigli nel periodo di tempo intercorso tra la cattura e l'iter di formalizzazione dell'arresto.  

In qualunque modo sia andata, Stefano Cucchi non ha ricevuto nessun aiuto umanamente degno di questo nome, né mentre si trovava a Regina Coeli né all’ospedale Fatebenefratelli, quando venne visitato subito dopo la prima udienza, né tantomeno al Pertini, la struttura a cui il procuratore  si è riferito durante la requisitoria, e dove il detenuto venne portato ormai in fin di vita, il 22 ottobre.   


 

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