Ilo, la via del lavoro è fuori dal proprio Paese
Giovani pessimisti su futuro occupazionale
“Forse è la percezione della carenza di opportunità di lavoro e del deterioramento della sua qualità.”
Ė questa, secondo Gianni Rosas, direttore della sezione Italia dell’Ilo (Organizzazione Internazionale del Lavoro), la “molla” che spinge (potremmo anche dire che costringe) la quasi totalità percentuale dei giovani italiani a non sopprimere dentro di sé un certo qual innato spirito migratore, un impulso “colonizzatore”. In sostanza, a desiderare di andar via non solo dalla propria città, ma anche dal proprio Paese per cercare un’occupazione.
Desolante, ma i fatti non si possono smentire: stando ad una ricerca condotta dalla Win/Gallup International (il braccio internazionale della società statistica di Princeton), e contenuta nel rapporto Ilo sul lavoro giovanile presentato in Cgil, il 99% dei giovani italiani si mostra pessimista sull’andamento del mercato del lavoro, e il 55% si dichiara pronto ad espatriare per cogliere – e magari costruire – opportunità migliori.
Mentalità rassegnata. Più rassegnata di quella dei coetanei di altri paesi europei ed extraeuropei: sempre secondo il sondaggio Gallup, infatti, il tasso di pessimismo più alto dopo quello dei giovani italiani non supera l’82% ed è quello della gioventù transalpina. Seguono poi il 79% spagnolo e il 78% greco. Persino i giovani nordafricani pensano più positivo dei nostri ragazzi (tasso di sfiducia verso il futuro lavorativo attestato al 58%), mentre la preoccupazione di quelli del Medio Oriente è più alta di soli dieci punti percentuali (68%).
Mentalità rassegnata, però compensata da una volontà pionieristica di “riscatto”, da cercare e conseguire altrove, anche molto lontano da casa. Anzi, forse necessariamente lontano da casa.