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Immigrazione, ennesima tragedia del mare ma a metà

Tanti morti, ma anche tantissimi salvati al largo delle coste della Libia

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Eran settecento, molti di loro erano sicuramente giovani e forti (e in cerca, come già tanti altri che avevano tentato la traversata, e tanti altri che la tenteranno, di prospettive di vita migliori), ma, ed è questa la cosa più rilevante, non sono tutti morti.

Anzi, la stragrande maggioranza è stata sottratta, grazie al pronto intervento della Guardia Costiera italiana, a quella che avrebbe potuto essere l’ennesima ecatombe umanitaria, laddove le coste della Libia sono già un puntino lontano all’orizzonte e il Canale di Sicilia, e quindi l’Italia terra promessa, appaiono leggermente più vicini. 

Avrebbe potuto essere, prima di tutto, una tragedia del panico. Metà mattina, cielo azzurro, caldo fiaccante ma non per chi deve fare i conti con la disperazione e mare calmo: ad un certo punto, un segnale avventato lanciato all’indirizzo  della capitaneria di porto di Catania e l’arrivo di alcune unità mandate da essa a scopo precauzionale: a bordo della carretta del mare si ingenera, così, un’ingiustificata quanto violenta agitazione, e il legno oscilla, bascula, trema, fino a ribaltarsi.

In effetti l’arrivo delle navi della Capitaneria catanese è stato ad un tempo fatale e provvidenziale, dal momento che, proprio nel momento critico, la presenza di esse ha fatto sì che, per una volta, l’intervento di salvataggio della Marina fosse davvero tempestivo ee efficace.

Alla fine, su settecento imbarcati, quattrocento sono stati recuperati vivi da sotto il barcone naufragato. Ne mancano all’appello altri trecento: i bilanci che riepilogano un giorno di soccorsi  non parlano, per il momento, di più di venticinque morti.

Intanto le operazioni di soccorso continuano, senza sosta: ad esse partecipano, insieme alla nave Fiorillo della Guardia Costiera e ad altre unità della Marina militare italiana, il Phoenix, nave da soccorso del Moas (Migrant Offshore Aid Station), e due mercantili, il  Barnon Argos e la Dignity One.

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