Aveva quarantaquattro anni e si chiamava Angalifu. Era nato in Sudan, ma negli Usa era arrivato già negli anni ’80. Non stiamo parlando di un protagonista di “Radici”, ma di un rinoceronte bianco, per la precisione di un rinoceronte bianco del nord, assai più raro del già raro rinoceronte bianco; esso ero in realtà davvero uno degli ultimi esemplari della sua specie.
A differenza dei tanti Kunta-Kinte, essere “deportato” oltreoceano si rivelò invece per Angalifu una vera fortuna: gli consentì di sfuggire ad una morte certa, quella che gli avrebbero dato i bracconieri, implacabili sterminatori della sua specie per colpa di un corno miracoloso (la cui polvere si dice abbia proprietà mediche mirabolanti, utili contro l’epilessia, la febbre e il cancro, oltre ad avere notevoli proprietà afrodisiache). In California, invece, a San Diego, al centro dello zoo cittadino, fu un’attrazione e un beniamino, per anni, fino al 16 novembre, quando è spirato per cause assolutamente naturali. Lo zoo ha già messo sotto teca un campione dello sperma dell’animale e anche una parte del suo tessuto testicolare: non si sa mai che tornino utili, qualora un domani si riescano a mettere a punto nuove tecniche di riproduzione.
Ad oggi nel mondo si stima che restino in totale circa ventimila rinoceronti bianchi. Nel 2010 ne sono stati abbattuti trecento; ma soltanto tre anni dopo a mancare all’appello erano ormai un migliaio di essi. Lo scorso 22 settembre è stata celebrata la giornata mondiale del rinoceronte. Ben più drammatica è la situazione del rinoceronte bianco del nord: dopo la morte di Angalifu, nel mondo in pratica restano solo altri cinque animali come lui.

