L’Ellade scaccia l’incubo del vuoto di governo e delle elezioni anticipate: nella notte tra venerdì 10 e sabato 11 ottobre il gabinetto presieduto dal leader di Nuova Democrazia, il sessantatreenne Antonis Samaras, supera lo scoglio-fiducia in Parlamento (il voto “di vita o morte”, in realtà l’ennesimo, era stato richiesto dallo stesso premier all’inizio del mese) e può così proseguire il suo cammino. Esito in bilico fino all’ultimo: per poco meno di una decina di preferenze Samaras e i suoi ministri superano la soglia minima richiesta dei centoquarantasei voti; alla fine saranno centocinquantacinque quelli favorevoli, centotrentuno i contrari. Il governo conservatore, in carica dal 20 giugno 2012, può brindare alla sua sopravvivenza. Ricompattazione della maggioranza è fatta, proprio come voleva il premier: Nuova Democrazia e Pasok hanno marciato uniti nel sostegno al suo esecutivo.
Contrariamente a quanto successo in Europa qualche mese fa, nella madrepatria Syriza, la formazione di estrema sinistra, deve rinviare le sue ambizioni di leadership. Fuori dall’edificio parlamentare, in piazza Syntagma ad Atene, proprio mentre erano in corso le operazioni di voto si era radunata una folla inferocita di lavoratori statali, pronti ad insorgere se soltanto la caduta del governo, com’era più che probabile, avesse aperto un nuovo e più terrificante baratro (il che avrebbe comportato nuovi e più duri sacrifici e ristrettezze “al buio”). Invece toccherà ancora a Nuova Democrazia e ai suoi alleati dirigere il percorso della ripresa. Nel corso di questi ultimi tre anni di recessione (ma la crisi era iniziata, in realtà, tre anni prima che Samaras salisse al governo, quando la Grecia era caduta in coma da debiti) l’esecutivo di centro-destra aveva rischiato più volte di affondare, ma, per il rotto della cuffia, a dispetto di tensioni sociali e avvoltoi parlamentari, era sempre riuscito a salvarsi. Questa fortunata “tendenza” non poteva non essere confermata proprio ora che, debolmente ma in modo concreto, dopo la cura da cavallo della troika cominciano ad arrivare i primi segnali di schiarita, con un Pil risalito dello 0,6% (la notizia è di tre giorni prima del voto) e il ritorno della Grecia sui mercati finanziari per ben due volte (la scorsa primavera).
A fine settembre lo stesso Samaras si era arrischiato a dichiarare che il Paese si troverebbe ormai addirittura nella condizione di poter rinunciare al terzo piano di aiuti finanziari previsto da Bce, Ue ed Fmi, cioè la famigerata troika. E, in effetti, proprio in direzione di uno sganciamento da essa sembra andare la negoziazione di una linea di credito cautelativo con l’Fmi decisa il 17 ottobre.

