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Storie di Donne: Monia Scarpelli

Una crisi professionale l'ha trasformata in una scrittrice di valore

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Monia una “rossa”  minuta dal sorriso caldo e  contagioso, è convinta di aver vissuto in Irlanda in una vita passata. Adora il paese  dei quadrifogli e gli U2, che arrivano comunque dopo  suo figlio e  suo marito. Laureata con il massimo dei voti in economia e gestione dei servizi turistici, dopo una breve parentesi nel settore congressuale, si impiegò  in una nota azienda farmaceutica internazionale, occupandosi di export e di logistica. Dopo cinque anni qualcosa all'interno dell'azienda stava cambiando e non le  piaceva; tuttavia era restia a cambiare lavoro, perché  lì aveva  conosciuto le sue migliori amiche, un buon "mentore" e aveva vissuto un'esperienza lavorativa  esaltante e formativa.
“Era il 2004 e in quel momento di crisi ripescai la mia antica abitudine di scrivere” racconta Monia “misi su carta i miei pensieri, un modo di ricongiungermi con l'altra mia dimensione, quella che temevo e avevo difficoltà ad affrontare. Il mio periodo di riflessione è durato per tutta la stesura del romanzo. L’ ho intitolato” Pasta bianca”.   Pasta bianca ha due componenti fondamentali: la prima sono le mie migliori amiche, quelle che ho conosciuto durante quella esperienza lavorativa; il secondo aspetto è la vita quotidiana, quella che ci sembra banale e che alla fine fa più parte della nostra pelle di quanto non pensiamo. Andare ogni giorno a mensa - una mensa qualitativamente piuttosto scarsa, ecco perché ogni santo giorno prendevo pasta in bianco - era il connubio di qualcosa di intimo e divertente (le chiacchiere e le confidenze, quanto le risate) e la parte più scialba di quell'ambiente che ci aveva fatto incontrare (vassoi sbeccati, posate e piatti di plastica, mensa nel sottosuolo, sempre con la luce artificiale accesa). Ho raccontato una storia che fosse divertente da scrivere e leggera da leggere , ho tracciato le mie migliori amiche senza approfondire troppo perché ero alle prese con il ritratto di qualcuno che amavo e che avrei reso pubblico per la prima volta. Insomma ho avuto un po' di paura; se lo riscrivessi oggi forse deciderei diversamente. Ci ho messo molto di mio - un po' di carattere della protagonista, la sua famiglia - e poi mi sono divertita a condire il tutto con molte invenzioni. La parte migliore di Pasta Bianca è che è stato il mio avvio come scrittrice. La prima presentazione del libro, in una libreria di Roma organizzata dalla casa editrice Arpanet che mi ha pubblicato, è stata intima ed emozionante. Due delle mie "fatine" sono venute con me, con il cappello di cartone da fata in testa e una bacchetta magica. Mi hanno portato un gran mazzo di fiori, mio marito è venuto con me e anche mio figlio dato che ero incinta di circa 3 mesi. Ho conosciuto un ragazzo simpaticissimo che di mestiere fa il camionista e che era lì per presentare il suo libro di poesie scritte in buona parte in dialetto napoletano: vere poesie, intelligenti, tenere. Ho conosciuto la sua famiglia e poi mi sono guadagnata la mia prima fan: una ragazza giovane che ha comprato il mio libro, se n'è innamorata e ne ha fatto il suo manifesto. Mi ha contattato con una lettera meravigliosa che non dimenticherò mai, siamo diventate amiche, ha fatto tesine e lavori a scuola sul mio libro. 
Dopo il primo romanzo è seguito il secondo romanzo , “Ancora Pasta Bianca” sulla scia del primo.  Ero divertita dal raccontare quella storia. Quei due romanzi rappresentano una pelle stretta per quello che sono oggi, come se fossero un maglione con una manica sola,  non me li sento più addosso, ma ho affetto per loro perché sono stata anche quello. Il terzo romanzo  "Mani di vaniglia"  ha tutto un altro significato, l’ho scritto mentre aspettavo mio figlio Mattia e  parla del mio amore grande, della mia nascita come mamma, e ne accetto tutte le imperfezioni: ero una neomamma che doveva far conoscenza con una mamma neo-scrittrice e le presentazioni non sono state semplici.  La mia scrittura è fortemente legata al mio vissuto, al mio viaggio esistenziale, forse perché parlo della parte della vita che mi interessa di più: le persone, le loro storie e il filtro, in qualche modo è spesso quello tipico dei miei occhi, del mio cuore.
Le difficoltà più grandi per me sono e sono sempre state due: la prima è il mio perfezionismo. Non sono ancora arrivata ad essere soddisfatta appieno di uno dei miei libri e se questo mi spinge a migliorare, dall'altro credo sia dannoso: almeno ogni tanto ci si deve fermare, prendere il buono e basta.
L'altro aspetto è l'esposizione, la sovra esposizione che faccio di me. Anche quando invento una storia, il filtro e la mano che la scrive sono io; è un po' come mettere in vetrina qualcosa di profondo. In questo credo di non essere ancora "matura" come scrittrice: Adesso Sto lavorando ad un nuovo romanzo che ho quasi terminato; ho provato a rileggere qualche frase per correzione e poi rileggere qualche frase del mio "Pasta bianca": non sono nemmeno fratelli, eppure la mamma è la stessa. Accettare di maturare come scrittrice per me significa accettare che sono profondamente diversa. La passione, quella no non è cambiata, anzi, è cresciuta se possibile e la uso tutta quando  cerco di ritagliarmi qualche momento per scrivere dopo una giornata di lavoro e dopo aver messo a dormire mio figlio. Scrivere per me è anche una bella palestra per la mia determinazione: non è facile sentirsi rispondere "no" così spesso o dover realizzare che quello che si è scritto non è di qualità così elevata come si sperava. Sono in continua evoluzione, ma in fondo lo sono un po' per tutto: come mamma, come compagna e amica di mio marito, come donna che lavora a tempo pieno."

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