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ORIENTALE, STEFANO ROMANO PRESENTA IL SUO PROGETTO NEL LABORATORIO DI GIORDANO

La fotografia e il docufilm al centro dell'incontro- lezione di Francesco Giordano che ospita Stefano Romano per il suo progetto " Un futuro per Bagnoli"

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Continua il successo del Laboratorio di Produzioni audiovisive diretto dal Prof. Francesco Giordano: un’esperienza didattica che annulla ogni distanza, anche quella tra docenti e discenti

E’ entrato nel vivo il Laboratorio di Produzioni audiovisive, teatrali e cinematografiche, diretto dal Professore Francesco Giordano e attivato in modalità e-learning presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Istituto Universitario “L’Orientale” di Napoli, con il primo degli incontri frontali con esperti del comparto dell’audiovisivo: a inaugurare la fase di dialogo diretto con gli studenti, vero brand del Laboratorio, il regista documentarista Stefano Romano che, pur essendo molto giovane, ha alle già alle spalle variegate e prestigiose esperienze: dai videoclip musicali di cantautori sulla cresta dell’onda alla collaborazione come aiuto regista per grandi produzioni come “Ultras” di Francesco Lettieri fino alla regia dell’acclamato documentario “Altromare”. Stefano Romano, grazie alla sua forte comunicativa e al suo essere poco più grande d’età dei suoi interlocutori, è riuscito a rapire l’attenzione degli studenti nel ragguagliarli sulle fasi del “crowdfunding”, modalità di finanziamento collettiva attraverso cui ha raccolto 18.271 euro da parte di poco più di 330 sostenitori, alla base del suo prossimo progetto artistico, il docufilm “Un futuro per Bagnoli”. Profondo conoscitore delle travagliate vicende della dismissione, bonifica e riconversione del sito che un tempo ospitava il polo siderurgico dell’Italsider, essendo vissuto a Bagnoli fino alla prima adolescenza, Stefano con il suo nuovo lavoro si discosta dalla narrazione mainstream incentrata sulla strumentalizzazione in chiave politica, il rimpallo delle responsabilità tra i vari soggetti istituzionali e le vicissitudini giudiziarie tra arresti, sequestri e dissequestri. Ibridando documentario e fiction, con il docufilm “Un futuro per Bagnoli” Stefano Romano porta sullo schermo gli invisibili, i residenti del quartiere che finora non hanno avuto voce in capitolo nel delineare il futuro di Bagnoli post-Italsider: prova ne è il fatto che, come sottolineato dal regista nel corso dell’incontro, in fase di casting verranno selezionati solo aspiranti attori originari di Bagnoli e dei quartieri più limitrofi; una scelta autoriale connotata da un forte senso civico in cui i residenti di Bagnoli, in perfetta coerenza con il format espressivo del docufilm, smettono i panni dei passivi destinatari delle politiche decise, e mai implementate, dall’alto per diventare gli attori protagonisti del riscatto di un lembo di terra partenopea che è l’emblema dell’immobilismo e dell’insipienza delle classi dirigenti succedutesi negli ultimi 30 anni. Un docufilm che, sebbene fortemente focalizzato su un “case study”, allarga lo sguardo a una realtà simile come quella dell’ex Ilva di Taranto, l’area siderurgica più grande d’Europa, attualmente di proprietà del consorzio franco-indiano ArcelorMittal, di cui Bagnoli è una sorta di anteprima delle sue prospettive future se non si sbloccherà lo stallo generato dalle difficoltà di contemperare il sacrosanto diritto alla salute con la legittima necessità di salvaguardare i livelli occupazionali. Proprio per l’attenzione al non detto e per il coraggio di inoltrarsi in sentieri non battuti, anzi snobbati, dal grande circuito mediatico il docufilm “Un futuro per Bagnoli” condivide la stessa poetica e la stessa tensione etica del “Kinoglaz”, cioè il “Cineocchio”, del regista Dziga Vertov, inteso, come da stessa descrizione dello stesso cineasta russo, come “ciò che l’occhio umano non riesce a vedere, come il microscopio e il telescopio del tempo, come il negativo del tempo, come la possibilità di vedere senza confini né distanze, come il comando a distanza di una cinepresa, come il teleocchio, come l’occhio ai raggi X, come la “vita colta sul fatto” (…) Non la “vita colta sul fatto” in quanto tale ma per mostrare gli uomini senza maschera e senza trucco, per coglierli con l’occhio della cinepresa nel momento in cui non stanno recitando, per leggere i loro pensieri messi a nudo dalla cinepresa. Il Kinoglaz come possibilità di rendere visibile l’invisibile, di rendere chiaro ciò che è oscuro, palese ciò che è nascosto, di smascherare ciò che è celato, di trasformare la finzione in realtà, di fare della menzogna verità”. Tra le ragioni del successo del Laboratorio di Produzioni audiovisive che si rinnova di anno in anno, quindi, non solo un parterre di esperti di assoluto valore, di cui il talentuoso regista documentarista Stefano Romano è stato un degnissimo apripista, ma anche la sua articolazione in virtù della quale il momento dell’apprendimento è sempre indistinguibile da quello della verifica pratica come attestano i continui incoraggiamenti del Prof. Giordano ai propri allievi a cimentarsi nella produzione, ad esempio, di clip in Chroma key, tecnica che consente di rimuovere lo sfondo da un’immagine per sostituirlo con un altro creando l’illusione di una location diversa da quella reale; un’impostazione fortemente interattiva e pragmatica, dunque, che non risponde solo a esigenze didattiche, agevolare l’acquisizione dei concetti teorici, ma anche pedagogiche per rendere gli studenti consapevoli del loro ruolo attivo nel processo di apprendimento aderendo in tal modo, il Prof. Giordano, a quel modello di docente delineato da Francesco De Sanctis, padre della moderna critica letteraria nonché nume tutelare di ogni docente che declina la propria professione nei termini di una biunivoca trasmissione del sapere: “Il miglior maestro è quello che pensa meno a comparir lui e lascia fare i giovani dissimulando la propria opera e creando in loro quell’illusione che quello che imparano sono loro stessi che l’hanno trovato”.

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