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Volare, oh, oh. Sì, ma come e cosa cambia?

Studio Deloitte sui voli post Covid19

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Di Giorgio Nadali

Il grande Leonardo da Vinci diceva: "Quando camminerete sulla terra dopo aver volato, guarderete il cielo perché là siete stati e là vorrete tornare". La domanda di oggi per chi non vuole volare in privato è: "Sì, ma come?"

Dal continuo monitoraggio di Deloitte sulle abitudini dei consumatori in tutto il mondo, e in particolare in Italia, emergono nuove preoccupazioni e difficoltà nel tornare a viaggiare, e in particolare a volare.

  • Pochi (e soprattutto giovani) si sentono ancora sicuri a volare: nell’attuale contesto solo il 26% degli italiani si sentirebbe sicuro a prendere un aereo; questa percentuale sale al 28% se si considera la fascia dei giovani tra i 18 e i 34 anni.
  • La preoccupazione per la salute resta: il 44% degli italiani mostra preoccupazione per la propria salute e il 58% dichiara di preoccuparsi per il benessere dei propri familiari.
  • È ancora difficile pianificare le vacanze, soprattutto per gli over 55: nonostante l’estate sia alle porte, solo il 20% degli italiani sta pianificando attivamente le proprie vacanze ricercando voli ed hotel: il 30% dei giovani tra i 18 e i 34 anni sembra più propenso a non rinunciare alle vacanze, contro un 13% di chi ha più di 55 anni.
  • Quanti sono gli italiani disposti a volare? Solo il 20% sarebbe oggi disposto a prendere un volo nazionale e il 14% un volo internazionale. 

Deloitte pubblica lo studio From now on: Come cambierà la Customer Experience negli aeroporti nel mondo post Covid-19, che analizza i principali trend e le sfide con cui gli aeroporti e i loro passeggeri dovranno confrontarsi in una situazione di “nuova normalità” dopo il recente periodo di lockdown.

Con l’avvicinarsi della stagione estiva e la crescente preoccupazione di aziende e cittadini su come affrontare la ripresa ed adattarsi ad una “nuova normalità”, l’intero settore del turismo e dell’hospitality si interroga sulle nuove aspettative dei viaggiatori che si apprestano ad affrontare questo difficile inizio di stagione.

Anche gli aeroporti italiani, che negli ultimi mesi hanno vissuto un drastico calo nel traffico dei passeggeri all’interno delle proprie strutture, devono confrontarsi nella prossima ripresa con nuove esigenze e richieste di maggiore sicurezza, che porteranno a nuovi modi di operare e di offrire servizi a valore ai propri clienti.

L’emergenza COVID-19 ha fatto crollare i volumi di passeggeri (e i ricavi) degli aeroporti

Le restrizioni agli spostamenti e ai viaggi, volte a contenere la diffusione dei contagi e l’aggravarsi dell’emergenza sanitaria su scala globale, hanno portato ad un drastico calo dei volumi di passeggeri negli aeroporti, in Italia così come nel resto d’Europa. Dai dati pubblicati da Assoaeroporti, nel primo trimestre di quest’anno gli aeroporti italiani hanno registrato un calo di passeggeri pari al -31,8% anno su anno, per un numero complessivo pari a 25,6 milioni di passeggeri; il calo più significativo si è registrato in concomitanza con l’inizio della fase di lockdown, a marzo, con un calo rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente del -85,1%, per un volume complessivo di poco più di 2 milioni di passeggeri, contro i 14 milioni di marzo 2019.

Dalle previsioni su scala europea, questa performance continuerà a persistere anche per il trimestre in corso, con una graduale ripresa nel secondo semestre dell’anno. Questo trend d’altra parte rischia di tradursi in significative perdite per gli aeroporti europei in termini di ricavi. Lo stesso ACI, l’Airport Council International, si è vista costretta a rivedere al ribasso le proprie stime dei ricavi totali trimestrali degli aeroporti nel 2020 in Europa, con un calo rispetto alle previsioni iniziali del -91,7% per il secondo trimestre, e più in generale con una perdita per il 2020 pari a 37,1 miliardi di dollari, -62,6% rispetto alle previsioni iniziali.

Sfidare le ortodossie per trovare nuovi modi di tornare a prosperare

A fronte di questo contesto ancora pieno di sfide e di incertezze, gli aeroporti devono trovare il modo di far fronte alle nuove esigenze e alle nuove richieste dei clienti nel momento in cui i volumi dei passeggeri torneranno a crescere. Quello che infatti si prospetta è uno scenario di “nuova normalità” in cui occorrerà interrogarsi sul proprio modo di operare e sulle nuove priorità dei passeggeri nelle proprie strutture.

Le tradizionali ortodossie, quelle credenze profondamente radicate relative a “come le cose devono essere fatte”, che hanno caratterizzato le operations e le strategie aeroportuali negli ultimi anni dovranno essere riviste e riconsiderate alla luce del nuovo scenario post- COVID-19, per assicurare che l’esperienza dei clienti (e dei dipendenti) negli aeroporti sia in linea con le nuove preoccupazioni in termini di sicurezza e salute.

Quali sono dunque queste ortodossie che l’emergenza COVID-19 impone agli aeroporti di rivedere alla luce della “nuova normalità”? In primo luogo, il tema dell’utilizzo delle tecnologie per processare i passeggeri, che devono essere ripensate per tenere in considerazione anche le esigenze e aspettative di sanitizzazione e di sicurezza di passeggeri e dipendenti lungo l’intero processo.

Occorre poi rivedere lo stesso concetto di “self-service”, su cui molto si è puntato negli ultimi anni nelle strategie di innovazione e trasformazione delle operations aeroportuali: il modello tradizionale di self- service, legato spesso a tecnologie touchscreen, rischia infatti di scontrarsi con il crescente desiderio dei passeggeri di evitare il contatto con superfici condivise con altre persone, percepite come possibili portatori del virus. Questo significa per gli aeroporti iniziare a considerare il potenziale di tecnologie touchless, legate ad esempio al riconoscimento vocale e in particolare alla biometria per il riconoscimento dei passeggeri, per mantenere l’utilizzo di modelli self-service nel percorso di processazione automatica dei passeggeri.

Diventa inoltre fondamentale per gli aeroporti rivedere e ripensare la propria capacità previsionale in termini di flussi e volumi di passeggeri nelle proprie strutture, per riuscire a definire strategie alternative e per gestire al meglio la customer experience.

Infine, gli aeroporti non devono dimenticare che il tema della sicurezza e della salute deve riguardare allo stesso modo anche i dipendenti che operano nelle loro strutture, come elemento chiave per far evolvere e rivedere le strategie di employer engagement: al loro interno, infatti, salute e sicurezza diventano elementi “core” ed essenziali nella valutazione da parte dei dipendenti.

La sfida che gli aeroporti italiani devono affrontare in questo scenario di “nuova normalità” post-COVID-19 è quella di mettere in discussione il modo tradizionale con cui negli ultimi anni hanno operato e hanno cercato di distinguersi per i propri clienti e dipendenti” afferma Umberto Mazzucco, Transportation, Hospitality and Services Sector Leader di Deloitte. “A fronte di una situazione difficile non solo per l’Italia, ma su scala globale, gli aeroporti devono porsi nell’ottica di comprendere i nuovi bisogni e le preoccupazioni di chi nei prossimi mesi tornerà a viaggiare, ridisegnando – grazie anche al supporto della tecnologia – nuove esperienze che devono essere soprattutto sicure per la salute dei passeggeri e dei dipendenti”.

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