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Nessun nobile scopo: cos'è (e a cosa mira veramente) il piano di Distanziamento Sociale

Verso un possibile radicale cambiamento dei paradigmi antropologici, psicologici e sociali che la letteratura scientifica classifica in Prossemica e Cinesica

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L'emergenza Coronavirus ha prodotto una serie di misure governative, in Italia come anche in altri Paesi del Mondo, per contenere i contagi e abbassare così i ricoveri nelle strutture ospedaliere al fine di non sovraccaricare ulteriormente il Sistema Sanitario delle Nazioni. Lockdown, zone rosse, spostamenti ridotti al minimo, dispositivi di sicurezza e piano di distanziamento sociale.

Appare chiaro ormai, dopo un mese di quarantena, così come spesso viene ripetuto anche dagli organi d'informazione ufficiale, che con queste misure di contenimento ci si debba gradualmente abituare a convivere e che vadano osservate anche nel prossimo futuro. “Non possiamo permetterci di vanificare gli sforzi fatti” ha dichiarato il Premier Conte nell'ultima conferenza,“con comportamenti irresponsabili e poco diligenti”. “Dovremo cambiare qualche nostra abitudine”.

A cominciare dalla più impattante per le persone, ovvero il Distanziamento Sociale.

Dietro il nobile scopo dettato dall'emergenza contagi infatti, rimane il rischio effettivo che queste distanze tra individui permangano e si traducano in comportamenti e consuetudini non più in grado di essere abbandonate, cambiando radicalmente i paradigmi antropologici, psicologici e sociali che la letteratura scientifica classifica in Prossemica e Cinesica.

La prima si occupa dell'analisi delle distanze, la seconda dei gesti e delle espressioni facciali. Entrambe, legate alla sfera del “linguaggio non verbale”, esplicitano come la natura dell'uomo sia quella di essere un “animale sociale”, in cui distanza intima e comunicazione sono la base per l'interazione tra individui all'interno di una società sana e dedita all'empatia tra i propri simili. Che con tali misure corre il possibile e serio pericolo di essere compromessa.

Risulta dunque lecito chiedersi, in forza di queste rimodulazioni di comportamenti, quali potranno essere le conseguenze cognitive di ognuno? Che tipo di rapporto con il prossimo potrà scaturirne?

Data anche l'aggravante della “psicosi da contagio” e della “paura dell'untore” infatti, ipotizzare un graduale disinteresse per “l'altro diverso da noi”, resta uno scenario tanto lugubre quanto (nei fatti) già manifestatosi. Come ad esempio (cronaca di questi giorni) l'omissione di soccorso di un'anziana a Treviso nella pubblica via, ignorata dagli astanti e assistita dopo interminabili secondi da un autista in servizio provvidenzialmente in transito col Bus.

Poi c'è il grande tema delle adunate di popolo, delle manifestazioni, degli scioperi, dei cortei di piazza, delle campagne elettorali, dei luoghi di incontro e dei locali pubblici. Tutto sospeso? Tutto in discussione? Tutto da ricalibrare?

Se la distanza tra individui è utile a combattere la trasmissione del virus, come presumono gli scienziati, sicuramente non giova per esempio, alla protesta di piazza, all'autodeterminazione dei cittadini e alla rivendicazione democratica dei propri diritti.

Da sempre svolta in assembramento e sospesa (per ora) dall'emergenza sanitaria, che in forza dell'impossibilità di grandi adunate di popolo, impedisce (e chissà per quanto ancora) la libera manifestazione del proprio pensiero come sancito  dalla Costituzione.

Se quindi da una parte, il Distanziamento Sociale è lo strumento riconosciuto principe per superare l'emergenza Covid19, a livello politico depotenzia o annulla la libera espressione pubblica e collettiva dei cittadini.

Un mix tra impossibilità di lotta di classe (a tutti i livelli) ed estraneamento individuale alla sfera egoistico-privata senza precedenti nella nostra storia Repubblicana.

Dei prezzi molto alti da pagare questi, e sicuramente non meno importanti della sola tutela della salute, che (per altro) possa effettivamente trarre vantaggi dalla distanza tra le persone e dal reale nesso tra Distanziamento e calo dei casi dei contagi, è ancora tutto da dimostrare.

Alla politica e agli scienziati infatti l'onere di fornire queste prove al più presto, in contraddittorio ed in pubblica conferenza stampa, con numeri, dati e riscontri oggettivi.

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