La via Insalubris.
Non si tratta di una via consolare dell’Italia antica, le cui stationes siano magari luoghi malarici o storicamente rinomati come focolai di epidemie. Purtroppo non è all’archeologia che si potrebbe riferire un lemma del genere, ma alla più stretta attualità. Quella che emerge da uno studio del Ministero della Salute, su 45 siti di rilievo nazionale o regionale (la differenza non è poi molta, in fondo) su cui puntano la loro attenzione gli ecologisti ma anche i medici. Perché in questo corposo itinerario di 360 pagine i problemi dell’ambiente e quelli della salute vanno di pari passo.
Il dossier si intitola Sentieri ma vi potete scordare i placidi vialetti montani o di campagna. Se sono sentieri (e parliamo naturalmente di un acronimo, Studio Epidemiologico Nazionale sui Territori e Insediamenti a Rischio Inquinamento, dietro cui si cela un gruppo di lavoro attivo da anni) di certo sono anche più selvaggi e ardui di quelli di John Ford. Le miniere del Sulcis in Sardegna, la zona dell’Ilva a Taranto, le raffinerie di Gela, l’area dell’ex fabbrica Eternit a Casale Monferrato, il litorale flegreo alle porte di Napoli.
Ecco le prime cinque tappe di una mappa costruita in base alle osservazioni sul campo che, dal 2006 al 2013, hanno coinvolto un’area abitata da sei milioni di italiani distribuiti in 319 comuni a rischio ambientale. Di essi i 45 puntini segnati sul percorso ministeriale – che abbraccia l’intera penisola – rappresentano l’eccellenza in peggio. Sono luoghi dove la mortalità per la popolazione residente è superiore del 4-5% rispetto al normale. E se quelli che abbiamo nominato in precedenza sono i più rappresentativi dal punto di vista mediatico, di certo ce ne sono altri come Priolo Gargallo e Marghera (la Gela veneta) le cui storie di avvelenamento atmosferico (con conseguenti effetti demo-sanitari) non possono certo essere considerate minori.
Lo studio è stato condotto analizzando nove tipi di esposizione ambientale: amianto, area portuale, industria chimica, discarica, centrale elettrica, inceneritore, miniera o cava, raffineria, industria siderurgica. Comune denominatore di tutte queste casistiche geografico-industriali sono i numeri da emergenza sanitaria. Che parlano chiaro: il bilancio degli ultimi otto anni è di 11.992 decessi, di cui 5285 per tumori e 3632 per malattie cardiocircolatorie. Di più ne hanno mietuti solo gli incidenti sul lavoro.
Particolarmente preoccupante la situazione degli under 30: qui il disagio giovanile non riguarda solo il lavoro e le questioni sociali. Il nemico numero 1 infatti sono i tumori maligni, che aumentano del 9% nella fascia d’età tra 0 e 24 anni. La varietà è significativa e perciò inquietante: sarcomi (+62%), leucemie (+66%), linfomi non Hodgkin (+50%). Nella fascia 20-29 anni, in aumento il tumore ai testicoli (+36%). E non stupisce quindi che in generale sia più elevata che nel resto del paese anche la percentuale di bambini e adolescenti ricoverati in ospedale: parliamo di punte tra il 6 e l’8%.