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Traini: vendetta per Pamela

Prime dichiarazioni dell’autore della strage di Macerata

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“Non sono pentito”.

Non lo è il cavaliere rosso. Dal cuore nero. Rosso come il sangue fatto versare agli immigrati, sulle strade di Macerata. La sua, in fondo, è stata un’azione – una cruenta azione – da giustiziere. In nome di Pamela Mastropietro, la diciottenne con problemi di droga barbaramente smembrata da uno spacciatore nigeriano, Innocent Oseghale. Ora in carcere, proprio come lui, il vendicatore che sembra uscito da Un giorno di ordinaria follia: di sicuro, alla luce degli ultimi fatti, chi, pensando al cognome Traini, aveva in mente soltanto l’ex bomber del Messina e del Perugia, dovrà rivedere le sue gerarchie, e urgentemente. Il Traini destinato a restare nella memoria collettiva, almeno per un po’, adesso è proprio lui, il ventottenne Luca, già candidato al consiglio comunale di Corridonia con la Lega Nord. Senza risultato, come il suo raid condotto con intenzioni cavalleresche.  E con metodi da pistolero solitario del Far West.

E ora, l’ultima rivelazione: la spedizione punitiva attuata nelle immediate vicinanze della stazione maceratese in realtà sarebbe stata un ripiego. Il vero obiettivo di Luca Traini, incensurato fino al 3 febbraio scorso, era quello di uccidere Oseghale direttamente in tribunale, nel momento in cui il nigeriano stava affrontando l’udienza di convalida dell’arresto. La “chiamata” Traini l’avrebbe avuta dopo aver sentito alla radio la notizia dell’orrenda uccisione di Pamela (fatta a pezzi in modo tale da poter riempire ben due trolley): lo riferisce il procuratore di Macerata, Giovanni Giorgio. E lo conferma anche Giancarlo Giulianelli, il legale dello stragista a cui questi ha confidato di aver “sbroccato, dopo l’uccisione di Pamela”. Proprio nel comune, Corridonia, in cui Traini aveva tentato invano la fortuna politica un anno fa, Pamela frequentava da poco meno di un mese una comunità di recupero per tossicodipendenti, "Ars". Giulianelli, tuttavia, nega che il primo pensiero del suo assistito sia stato quello di penetrare in tribunale.

Quali che fossero realmente i pensieri che lo accompagnavano a bordo della sua auto, Traini, non appena ha visto “nero”, non è più riuscito a connettere. E ha messo mano alla pistola che portava con sé. Il bilancio della sua strage parla di sei vittime totali tra gli immigrati africani incrociati lungo il tragitto.  Nessun morto, altro obiettivo fallito; di sicuro, però, i feriti che ha provocato porteranno segni indelebili di un sabato di follia. Si tratta di Wilson Kofi, ventenne ghanese; di Omar Fadera, ventitreenne venuto dal Gambia; di Jennifer Otiotio, l'unica donna colpita, venticinquenne nigeriana  soccorsa dal fidanzato; di Gideon Azeke, altro nigeriano coetaneo di Jennifer; di Mahamadou Toure, maliano di 28 anni; e di un terzo nigeriano, Festus Omagbon, Quest’ultimo, con i suoi trentadue anni, è la vittima più anziana.

Divide l’opinione pubblica, Traini. In mezzo allo sdegno generale, si leva anche la voce di chi ha visto nel suo atto una manifestazione di legittima esasperazione. E non sono solo gli estremisti di destra, la famiglia a cui politicamente si legano le origini del giustiziere del sabato. “C’è un problema politico”, ammette Giulianelli. "Mi ferma la gente a Macerata per darmi messaggi di solidarietà nei confronti di Luca. E' allarmante ma ci dà la misura di quello che sta succedendo.” L’avvocato approfondisce il discorso: “Destra, sinistra, centro, come hanno trattato il problema dei migranti? Se questo è il risultato - affonda - Luca è la punta di un iceberg, la più eclatante e da condannare, ma la base è molto più vasta. Ci sono persone, e non è neanche un fatto di razzismo, che non condividono il modo di gestire i migranti. La politica non ha dato una risposta al problema, la destra l'ha strumentalizzato, la sinistra l'ha ignorato e sottovalutato”. Immigrazione, bomba sociale: “Se nel formicaio ci metti altre formiche, scoppia e poi può succedere questo".

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