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Le sindache coraggio: Elisabetta Tripodi

Storia di donne che combattono la criminalità

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Elisabetta Tripodi, è la sindaca di Rosarno in provincia di Reggio Calabria, esponente della lista di centrosinistra, è diventata prima cittadina dopo aver vinto   il ballottaggio del 12 dicembre  2010.   Sindaca di un paese commissariato per infiltrazioni mafiose e tristemente noto per la  rivolta dei migranti,  questa donna ha ereditato una situazione molto pesante da gestire.  
Elisabetta Tripodi non aveva  mai ricoperto cariche politiche  prima di allora , laureata in giurisprudenza  aveva sempre avuto a cuore la sorte dei migranti in quanto calabrese e essa stessa migrante, avendo vissuto fino all’età di 33 anni a Pavia con il marito e due figli.
“Ho deciso di tornare, perché non si risolvono i problemi del nostro sud vivendo al nord” ammette senza esitazioni  “Non avevo mai fatto politica in vita mia finché  mi sono candidata, Ho vinto e da quel momento è finita la pace. Ho ricevuto ogni sorta di attacco sia da parte della criminalità che dall’opposizione. Dopo otto mesi del mio mandato mi è stata assegnata una scorta che ha contribuito a rendere difficile la mia attività e la mia vita privata”
Offese volgari e fuori luogo come quelle dell’estate del 2012 quando esponenti dell’opposizione hanno apposto sui muri della città cartelli  con la scritta  “Elisabetta Tripodi vi ha truffato “solo perché la sua amministrazione non era riuscita ad ottenere dei fondi per acquistare una nuova ambulanza.” Non si è fatta intimidire la sindaca che oltretutto per non gravare sulle casse comunali  si è ridotta l’indennità a 400 euro e  ha prontamente risposto con una querela .
Che dire poi della chiesa locale che  più volte si è  schierata apertamente con le famiglie criminali  mettendo in giro voci per screditarla,  come quella di qualche tempo fa secondo la quale avrebbe dato  25 euro a tutti gli africani? Il parroco la chiama “Il sindaco degli africani”. Lei ribadisce ferma  “Io  sono la sindaca di tutti”  Momenti di grande difficoltà, di grande scoraggiamento che per fortuna passano, ammorbiditi  dalle inevitabili soddisfazioni. Come quando sente dire che le bambine del suo paese alle domanda "cosa vuoi fare da grande?" Rispondono sicure “La sindaca” allora si rende conto di aver  gettato un seme importante non solo per lo sviluppo della legalità ma anche per l’emancipazione femminile in un piccolo paese devastato dall’andrangheta e dai  conflitti sociali.
Tra i risultati: le opere pubbliche realizzate, la gestione di un parco archeologico, le iniziative culturali e quelle sociali come  l’olio d’oliva prodotto dai giovani studenti dell’Istituto professionale per l’Agricoltura  che è stato donato  ai migranti e che porta sulle etichette il nome  di Rosario Livatino, il “giudice ragazzino” ucciso dalla mafia il 21 settembre 1990.
Il  filo conduttore o mantra di Elisabetta Tripodi lo si può semplicemente riassumere con queste universali parole: “Un futuro migliore per noi e per i nostri figli” . Le avevano parlato di un’avventura impossibile e avevano previsto che sarebbe rimasta in carica a dir tanto sei mesi e invece sono già passati tre anni.  Fosse  anche solo per la durata, il suo mandato è stato comunque un'  innegabile vittoria.

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