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MONUMENTO FUNEBRE DEL PAPA ALESSANDRO VII BASILICA DI SAN PIETRO, ROMA. BERNINI E LA SUA BOTTEGA

Relazione anatomica del Professore Mario Carchini, docente dell'Accademia Statale di Belle Arti di Carrara

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Tra le opere che troviamo nella Basilica di San Pietro, il Monumento Funebre di Papa Alessandro VII di Gian Lorenzo Bernini e i suoi collaboratori, si impone come una delle più complesse e affascinanti rappresentazioni del barocco europeo. Il mio interesse, come docente di Anatomia Artistica presso l'Accademia di Belle Arti di Carrara, si è rivolto in particolare a uno degli elementi più suggestivi dell'intera composizione, la figura tridimensionale della Morte, raffigurata come scheletro alato che solleva con la mano una clessidra, simbolo del tempo che scorre inesorabile.
Questa immagine, che ancora oggi sorprende per la sua forza drammatica, si discosta profondamente dalle tradizionali iconografie medievali della Morte. Bernini concepisce lo scheletro non come una presenza statica o macabra, ma come un'entità viva, dinamica, quasi teatrale, capace di dialogare con lo spettatore. L'attenzione di Bernini per la resa anatomica è il risultato di una profonda conoscenza del corpo umano, maturata attraverso lo studio diretto di modelli scheletrici. Nella Roma del XVII secolo, la pratica di osservare e disegnare ossa umane era comune nelle botteghe artistiche, grazie alla stretta collaborazione tra artisti e anatomisti. Osservando da vicino lo scheletro del monumento, è possibile riconoscere la precisione con cui ogni singolo osso è stato scolpito: dalle vertebre cervicali, finemente modellate, fino alle falangi delle mani, che afferrano la clessidra con un gesto sorprendentemente naturale. Il bacino appare leggermente ruotato, mentre la colonna vertebrale è tesa in una torsione che suggerisce un movimento improvviso, come se la Morte stessa stesse cercando di emergere dal pesante drappo in diaspro che la imprigiona. Questa postura non è casuale, ma frutto di un'attenta osservazione della dinamica scheletrica umana. Lo scheletro berniniano non è una figura passiva, bensì un corpo in tensione, in bilico tra la vita e la dissoluzione, una presenza che si fa e si disfa davanti agli occhi dello spettatore. Un dettaglio che colpisce è la doratura dello scheletro, un trattamento inusuale che trasforma la Morte da simbolo di corruzione a immagine gloriosa e sacra. La scelta di rivestire d'oro le ossa potrebbe alludere alla sottomissione della morte al potere divino, una metafora della vittoria spirituale del pontefice sulla caducità terrena. Questa ambiguità è accentuata dalla posizione parzialmente nascosta dello scheletro, che sbuca da dietro il drappo di diaspro come un'ombra pronta a dissolversi. L'effetto scenografico è amplificato dalla luce naturale che filtra dalla porta retrostante, creando una potente dialettica tra tenebra e rivelazione, dissoluzione e rinascita. Un aspetto spesso trascurato è la dinamica dello scheletro, che sembra quasi voler sfuggire alla propria funzione simbolica. La rotazione del bacino e la torsione del tronco anatomico suggeriscono un movimento di evasione, come se la Morte fosse essa stessa prigioniera della narrazione barocca. Questa lettura apre una prospettiva sorprendentemente moderna, la Morte non è più solo un memento mori, ma una presenza inquieta, che fatica a imporsi e si nasconde dietro il sipario della vita; è una Morte che non trionfa, ma si fa spettro, presagio, interrogativo.
L'analisi anatomica del Monumento Funebre di Papa Alessandro VII rivela tutta la straordinaria modernità della visione berniniana; in un'epoca in cui arte e  scienza si intrecciavano indissolubilmente, la conoscenza del corpo umano diventa strumento di riflessione sulla condizione umana, in bilico tra fragilità e trascendenza. Grazie alla maestria di Bernini e della sua bottega, lo scheletro non è solo una rappresentazione didascalica della morte, ma un corpo vivo, capace di interrogarci ancora oggi sulla natura effimera dell'esistenza e sulla possibilità di una rinascita. Nell'incontro tra la materia e lo spirito, tra anatomia e simbolismo, il monumento si offre come specchio di quella fragile bellezza che accomuna tutte le forme di vita. Una lezione che il Barocco ci consegna intatta, attraversando i secoli con la stessa inquietante, magnetica vitalità. Nota critica del Prof. Mario Carchini,
Docente di Anatomia Artistica, dell' Accademia Statale di Belle Arti di Carrara.

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