Per scrivere sulla vecchiaia bisogna necessariamente viverla in prima persona. A ottantotto anni Roberto Vacca, ingegnere, divulgatore scientifico e poligrafo, torna in libreria con un saggio sulla vecchiaia secondo il suo stile, Come imparare una cosa al giorno e non invecchiare mai (Mondadori): non certo una riflessione filosofica sull’età canuta come condizione esistenziale, ma un vero e proprio manuale per l’uso. L’autore, anche con accenti vagamente senechiani, non rifugge dall’immagine, così cara a tanta tradizione occidentale, che vede la vecchiaia come un momento in cui è finalmente possibile prendersi più cura di se stessi e godersi il riposo, ma sostiene allo stesso tempo, piuttosto in controtendenza, che la senilità è anche un’età in cui si può continuare ad imparare molto. O addirittura cominciare a farlo, basta volerlo.
Il principio base, potremmo dire, è che nella vecchiaia si raccoglie quanto si è seminato nel resto della vita. Se si è sempre stati intellettualmente svegli, attivi, se si ha sempre avuto uno stile di vita dinamico, se si è coltivata una vita sociale intensa, o almeno soddisfacente, se si è riusciti a creare un ambiente familiare sereno, l’ultima fase della vita (a parte le limitazioni fisiche e di salute) non sarà una fase di depressione o di disperazione. Ma a Vacca, inutile dirlo, interessa soprattutto l’aspetto dell’agilità mentale: la memoria, in primis. Persino l’Alzheimer si può (si potrebbe) evitare, se fin da quando si è stati nel pieno delle forze le capacità mnemoniche sono state adeguatamente allenate e rinforzate. Si dice, con un luogo comune, che se lo spirito è giovane e rimane tale il trapasso da un’età all’altra non si sente: possono esserci cambiamenti (deterioramenti, è inevitabile) a livello fisico-biologico, ma ad essa farà da contraltare una continuità interiore (di pensiero, di interessi, di stile) davvero stupefacente. Insomma, per meritarsi una buona vecchiaia bisogna aver vissuto “intensamente”, con partecipazione emotiva e intellettuale massima, gli anni della gioventù e dell’età adulta: ed essere stati in grado di conservare quella capacità di partecipazione.
Propensione ad imparare, entusiasmo verso il nuovo (non bisogna dimenticare che l’entusiasmo è padre dell’impegno), voglia di mettersi in gioco con esperienze mai provate (anche a livello quotidiano, non si tratta di vivere chissà quali avventure), non aver paura di confrontarsi costantemente con i giovani, e di aver a che fare con essi: se ci sono queste condizioni preliminari, l’anziano, dall’alto di quanto ha già fatto o ha già vissuto nella sua esperienza di vita, non potrà che trovare di fronte a sé altro tempo prezioso per approfondirla e, perché no, perfezionarla. Il che equivale a dire anche: recuperare (nei limiti delle proprie reali possibilità) tutte quelle occasioni che precedentemente non si erano potute sfruttare, per mancanza di tempo. Gli esempi che Vacca propone sono plurimi: ricominciare a fare tante cose, come leggere, nuovi libri o libri già letti, o coltivare quelle attività creative congeniali ma sempre rimandate, e dare così un contributo innovativo alla società (non c’è una soglia di età per elaborare un’invenzione); oppure cominciare a farne altre: diventare finalmente versati in quella materia scolastica che è stata da sempre la nostra bestia nera (e non occorre andare a cercare testi universitari, basta prendere in mano con impegno un buon testo delle medie); accendere un computer ed entrare, con poche basilari regole, nel magico mondo di Internet, utile non solo per procurarsi nuovi amici, ma anche per acquisire conoscenze, fare ricerche, comunicare, realizzarsi scrivendo un articolo su Wikipedia o semplicemente avere un po’ di compagnia; o semplicemente sognare ad occhi aperti (un vecchio può permetterselo, a differenza di un giovane, che è costretto a restare agganciato alla realtà), attività salutare almeno quanto l’attività fisica e che, sospesa tra fantasia e memoria, può essere giovevole anche per il talento narrativo.
A proposito di attività fisica, Vacca non si esime dal dare anche pochi consigli su come mantenersi in forma. I segreti sono due: fare moto quotidianamente senza sforzi – dev’essere necessariamente proporzionato alle proprie energie – e mangiare poco, meglio niente. La parola chiave in questo caso è “gradatamente”, “moderatamente”: per far funzionare a lungo il corpo, in sostanza, basta fare un passo alla volta, ma fatto bene. Allo stesso modo, in fondo, per mantenere in buono stato la memoria, o il cervello, è sufficiente imparare una cosa alla volta, senza affaticarsi, ma in modo tale che non la si dimentichi.
Toccante anche la riflessione sulla morte: per Vacca, pur non credente, l’immortalità esiste, ed è la traccia delle cose fatte che ci lasciamo alle spalle. Un motivo in più per fare una vita attiva, fino all’ultimo istante: ogni giorno, fino all’ultimo giorno, è un’occasione d’oro per fare e per imparare, e tanto più faremo e saremo capaci di apprendere, tanto più ci faremo ricordare. E così non moriremo mai.