Francesco Mazzola nacque nel 1503, e la pittura fu subito parte della sua vita.
Rimasto orfano, fu accolto da due zii scapoli, che erano "vecchi e pittori di non molta fama". Lo iniziarono piccolissimo alle tecniche e al disegno delle della pittura ferrarese, la cui corrente seguivano. Ma furono principalmente dai maestri che prese spunto: la dolcezza espressiva del Correggio, il dinamismo di Anselmi e soprattutto il classicismo e le prospettive del Pordenone lo portarono ad uno stile ricercato, che diventò presto apprezzatissimo tra le classi più agiate.
Vasari, il famoso critico d'arte, parlò di Parmigianino nel suo " Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori" come di un bambino prodigio. La prima opera a lui attribuita, infatti, è "Il battesimo di Cristo", dipinto dal ragazzo a soli 16 anni.
Così Vasari descriveva l'opera: "dopo aver fatto miracoli nel disegno, fece in una tavola di suo capriccio un San Giovanni che battezza Cristo, il quale condusse di maniera, che ancora chi la vede resta maravigliato che da un putto fusse condotta sì bene una simil cosa. Fu posta questa tavola in Parma alla Nunziata, dove stanno i frati de' Zoccoli"
La tela è originalissima per l'Italia dell'epoca, tant'è che inizialmente fu attribuita a qualche autore fiammingo. Per quanto strabiliante, l'opera presenta delle oggettive caratteristiche indice di una mano giovane: la luce sul corpo di Gesù, ad esempio, lo rendono una figura quasi estranea al quadro. Si può anche notare anche il chiaro omaggio a Correggio nei volti di Gesù e dei Putti, tanto dolci da essere quasi femminili.
Questa tela nasce grazie ai suoi zii, che nel 1515 ebbero l'ingaggio di affrescare la chiesa in costruzione di San Giovanni Evangelista. L'intento dei due era quello di far lavorare il nipote, all'epoca dodicenne ma precocissimo. L'opera venne completata ed esposta nella Cappella Garbazza, dove rimase fino al 1546.
Nel frattempo, la guerra tra gli imperiali e i francesi si avvicinava a Parma. Perciò gli zii inviarono l'amato nipote a Viadana, dove, secondo il Vasari dipinse lo "sposalizio di santa Caterina, con molte figure[...]. Né creda niuno che queste siano opere da principiante e giovane, ma da maestro e vecchio".
La tavola di cui parlava Vasari si trova nella chiesa di Santa Maria Immacolata a Bardi, ed è perciò nota oggi come come la Pala dei Bardi. In realtà il quadro era parte di un duo, ma la seconda tela (San Francesco) è stata perduta. Correva l'anno 1521 e, rispetto alla precedente, quest'opera colpisce per essere più "sporca", meno artificiale.
Nel 1524, Parmigianino decise di intraprendere un viaggio verso Roma, alla scoperta dei più grandi maestri. Gli zii gli consigliarono di preparare tre quadri, da mostrare ai potenti mecenati, e così il ragazzo fece. Tra le tre tavole, una è il famoso "Autoritratto entro uno specchio convesso".
Vasari lodò parecchio il manierismo di questa tela, e l'originalità del ritrarsi con la distorsione di una sfera, che deforma la mano e le finestre: "vi fece una mano che disegnava un poco grande, come mostrava lo specchio, tanto bella che pareva verissima; e perché Francesco era di bellissima aria et aveva il volto e l'aspetto grazioso molto e più tosto d'Angelo che d'uomo, pareva la sua effigie in quella palla una cosa divina."
A Roma regalò le sue tavole al papa Clemente VII, ma da lui non ricevette mai commissioni. Il lavoro però non gli mancò: iniziò a ritrarre personaggi della cerchia clericale e nobile, con enorme successo.
A Roma Francesco studiò soprattutto Raffaello e Michelangelo, ma arrivò il 1527 e il Sacco di Roma da parte dei Lanzichenecchi. Parmigianino scappò verso Bologna.
Iniziò un periodo di pellegrinaggio, in cui ripagò l'ospitalità dei grandi signori con tele di eccezionale bellezza.
La "Madonna della Rosa" (1530), opera quasi profana con le sue figure sinuose, fu un omaggio al poeta Pietro Aretino, che lo regalò al Papa Clemente VII in occasione dell'incoronazione di Carlo V.
Nel 1531 Parmigianino fece ritorno a Parma, e prese contatti con la Madonna della Steccata.
Il 10 Maggio dello stesso anno firmò un contratto con la confraternita a capo della chiesa per la decorazione dell'abside. Venne pattuito un compenso di 400 scudi d'oro.
Qualcosa però accadde nella vita di Francesco Mazzola. Nonostante fosse tornato a Parma, tagliò i ponti con gli amati zii, evento che nemmeno Vasari riesce a spiegarsi. Probabilmente la ragione è da ricercare nel nuovo interesse verso l'alchimia del pittore, o forse in una sua presunta omosessualità .
Iniziarono così a susseguirsi le proroghe alla Madonna della Steccata: l'artista non riusciva a concentrarsi sul lavoro, e subì un lento e inesorabile disinteressamento verso la pittura commissionata. Nonostante ciò, usò il suo talento per ingraziarsi i signori locali, in cambio di soldi e favori.
A questo periodo risale un capolavoro assoluto, la "Madonna dal collo lungo".
In questo quadro è evidente l'interesse magico e simbolico e l'avvicinamento al classico. Le prospettive e le proporzioni sono quasi surrealiste. Il bambino è insolitamente grande e in posizione precaria, gli angeli ammassati in uno spazio ristretto, e lo sfondo sembra liminale, vuoto e incompiuto.
Eppure, alla Steccata i lavori rimasero fermi per nove anni, finché nel 1540 Parmigianino non venne arrestato. Rimase in prigione per due mesi, e fonti non certe dicono che, una volta uscito dal carcere, si intrufolò nella chiesa per distruggere quel poco lavoro che aveva compiuto sull'abside.
Si recò a Castelmaggiore. Lì si dedicò all'alchimia e abbandonò quasi del tutto la pittura, ma non prima di un ultimo autoritratto, sensibilmente diverso da quello nello specchio convesso.
Via l'eleganza, via il manierismo e i contrasti netti. Questa è un'opera autentica di un uomo in sofferenza, e non c'è modo migliore per descriverla se non con le parole di Vasari: "[da] delicato e gentile, fatto con la barba e le chiome lunghe e malconce, quasi un uomo salvatico, un altro da quello che era stato".
Un uomo selvatico che, per ragioni oscure, ha subìto l'allontanamento forzato o voluto da coloro che amava, e che porta i segni di una vita di successo finita in rovina.
Morì di malaria il 24 Agosto 1540.
Con le sue opere, Francesco Mazzola detto Parmigianino ha spalancato le porte non solo all'eleganza manierista, ma ha ispirato involontariamente la ricerca di forme eleganti e insolite, che sono state poi la base di correnti pittoriche modernissime.