Com’è nata la tua passione per la scrittura?
La risposta a questa domanda è solo un’ipotesi. Credo sia stata la voglia di far prendere corpo alla mia fantasia, di dare un senso al mondo che avevo nella mente. Non è stato per niente facile capire se il tutto avesse un senso, soprattutto i primi tempi, e come dice il Vasco non sapevo neanche se ce l’avesse, un senso. Alla fine, forse, mi ha convinto tutto quello che mi arrivava da chi leggeva i miei scritti: la maggior parte erano responsi positivi e incentivi a continuare. Ed eccomi qua, a dare alla luce il quarto figlio... pardon, il quarto libro.
Quali emozioni ti ha dato scrivere La regola dell’amico?
L’otto di marzo ho iniziato la stesura, il due maggio l’ho terminata: per me un vero e proprio record. Non ho mai scritto un libro in così poco tempo. Sono stato travolto dalla trama, lo ammetto, e lo dico in senso assolutamente positivo. Ogni giorno che passava, e che riaprivo il foglio elettronico, le emozioni che vivevano i personaggi si alternavano come se fossero state sulle montagne russe e non volessero più scendere perché si stavano alimentando a ogni pagina.
Come ti sei sentito mentre davi vita ai tuoi personaggi e a quale di questi ti senti più legato?
Stavo vedendo un film nella mia mente, e mentre lo vedevo scrivevo. I personaggi si muovevano da soli, incredibilmente, e il mio compito era solo quello di... descriverli. Non ti nego che, al termine della stesura, mi è dispiaciuto lasciarli alla loro vita di tutti i giorni, ormai mi ci ero affezionato. Di sicuro mi è rimasto dentro un po’ di loro, e spero che anche a loro sia rimasto dentro un po’ di me.
Forse, e sottolineo forse, mi sento più vicino a Louis, lo psicanalista: un tipo che sa attendere di aver ascoltato anche i minimi particolari per poi poter consigliare l’amico non senza un filo di sana ironia. Un po’ quello che faccio nella vita di tutti i giorni.
Hai avuto molto feedback positivo sul tuo libro? Forse hai aiutato qualcuno ad uscire da una relazione scomoda?
Quando l’emozione prende il sopravvento non c’è nulla da fare: impossibile opporre una qualsiasi resistenza, impensabile dare retta a tutti quelli che - dall’esterno - cercano di farti aprire gli occhi. Giustifichi all’infinito, perdoni qualsiasi contrarietà che ti si para davanti e non senti ragioni. E succede a tutte le età, non è affatto solo un problema adolescenziale: a trenta come a settanta il cuore può sempre battere all’impazzata.
Questo libro non è un monito a non lasciarsi emozionare, sia chiaro. Le farfalle nello stomaco sono necessarie, ti danno un’energia che nemmeno sapevi di avere, ti fanno rinascere dove pensavi - magari - d’essere morto o almeno in agonia. Bisogna essere in grado, però, di saper trovare un equilibrio, una forma mentis tale che cervello e cuore riescano a parlarsi, a trovare un accordo per godere appieno di una relazione senza per forza dover sembrare inopportuni o addirittura degli zerbini.
All’interno della trama i protagonisti sono le due facce di una situazione come questa. Soprattutto, di fondo, penso che prima di tutto si debba amare profondamente. Solo così si è in grado di godere appieno di ogni momento. Nonostante tutto.
E, per rispondere alla tua domanda, qualcuno davvero ha aperto gli occhi dopo la lettura, vedendo con altri sguardi la propria relazione o quella di amici o amiche vicine.
Quali scrittori ami? Puoi dirci una citazione o una frase di questi a cui sei particolarmente legato?
Ci sono scrittori di cui mi piace leggere libri, altri di cui non ne posso fare a meno. Uno di questi ultimi è Charles Bukowsky. La sua vita e le sue opere sono piene di aforismi che potrebbero tranquillamente essere miei perché rispecchiano sempre qualche anfratto della mia anima o del mio carattere. Tra le tante, ti cito “se fai quello che fanno tutti gli altri, diventi tutti gli altri”, splendido invito a uscire dagli schemi e soprattutto da un certo tipo di gregge.