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Poesie dalla prigione: quando si imprigiona il corpo di un’anima libera

Alle Oblate di Firenze la riflessione sui diritti umani attraverso le liriche dell’iraniana Mahvash Sabet

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Nella Sala delle conferenze della storica Biblioteca delle  Oblate a Firenze, la presentazione di un volume che ricorda una piaga di ogni tempo: la violazione dei diritti umani nelle sue molteplici forme. Il libro si intitola “Poesie dalla prigione” (Del Verri editore) ed è  l’opera della poetessa  iraniana Mahvash Sabet imprigionata perché appartenente alla fede Baha’i, credo vietato nell’Iran islamico. In questa occasione sarà omaggiato l’intenso vissuto di una donna fisicamente costretta ingiustamente alla prigione dal marzo del 2008 al settembre del 2017.

L’evento è in programma venerdì 12 gennaio 2018 alle 21: alla serata parteciperanno i due traduttori Faezeh Mardani e Julio Savi, gli attori e lettori Isabella Quaia e Filippo Baglioni che reciteranno le poesie dell’autrice, le cantanti liriche Carolina Cardini e Stefanica Baitan che accompagnate al pianoforte dal maestro Niccolò Cantara amplificheranno il messaggio dei componimenti con brani a tema. Mahvash Sabet, durante la detenzione ha avvertito l’esigenza primaria della sua anima di comunicare con Dio,  con gli affetti più cari da cui è stata strappata,  di far sapere al mondo che era e si sentiva viva grazie alla poesia e quindi all’arte nel senso sublime del termine, come unione con la forza  divina.

L’iniziativa, che gode del patrocinio di Amnesty International e di Religions for Peace, vuole  suscitare una riflessione sui diritti fondamentali dell’uomo facendo nello stesso tempo conoscere  un’opera che nel 2014 ha ottenuto il riconoscimento di Pen International e il 10 ottobre scorso il premio “International writer of courage Pen Pinter Prize” diviso con Michael Longley. Quella della Sabet è anche una poetica di fede e impegno civile nel suo raccontare la difficile vita in carcere, denunciando le sofferenze subite nel corso della prigionia da lei e dalle sue compagne.

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