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Nerone e la congiura dei Pisoni

appuntamento con Alessandro De Angelis autore del volume "Cristo il Romano"

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Dott. De Angelis siamo arrivati a parlare della persecuzione dei cristiani sotto Nerone. Abbiamo visto nel precedente articolo che i cristiani non potevano essere i giudei, espulsi pochi anni prima dall'imperatore Claudio. Per quale motivo furono quindi perseguitati?

Nel 64 d.C., Gesù mandò Saul e Costobar, figli di Gesù così come Rufo e Salomè, in Grecia da Nerone con lo scopo di informare l'imperatore, cugino di Gesù, del fatto che la rivolta che stava avvenendo a Gerusalemme era da imputarsi al procuratore Gessio Floro, colpevole di generare rivolte per arricchirsi alle spalle del popolo. Dalla Grecia troveremo poi Saul, alias Paolo di Tarso, insieme a Simon Pietro coinvolti nell'incendio di Roma e nell'omicidio di Simon Mago, motivo per il quale furono in seguito giustiziati da Nerone. Le prove di queste asserzioni, troppo lunghe da portare in un articolo sono sul libro Cristo il Romano. San Pietro e Paolo si trovarono coinvolti nella congiura contro l'imperatore, organizzata da Rufo, per meri motivi politico-economici.

Quali furono allora i motivi che spinsero Paolo e Pietro ad incendiare Roma e cospirare nella congiura dei Pisoni contro Nerone cugino di Gesù?
Stiamo parlando di un imperatore fatto passare per pazzo dagli storici per quasi 2000 anni? A quale scopo?

La storia è sempre stata scritta da chi gestisce il potere, ed è innegabile che la chiesa ha un potere, oltre che religioso, anche politico ed economico. per capire i motivi della cospirazione contro Nerone dobbiamo analizzare l'operato politico sociale dell'imperatore per capire se la figura da folle che è stata plasmata su di lui sia realistica oppure frutto di una storia di potere, scritta per screditare un personaggio politicamente scomodo.
Come divenne imperatore, Nerone elargì subito 400 sesterzi ai cittadini di Roma, assicurando inoltre una pensione fino a mezzo milione di sesterzi l’anno ai membri del senato in difficoltà economiche. Infine distribuì frumento gratuito ogni mese ai pretoriani. A livello politico cercò di ridare dignità alla magistratura del consolato, facendo in modo che la carica durasse almeno sei mesi, nominando dai due ai quattro consoli ogni anno. Tra il 55 ed il 60 d.C. Nerone assunse il consolato per ben quattro volte, mantenendolo per l’intero anno nel 57 d.C., e quando il senato gli propose di acquisirlo a vita rifiutò. La stessa moralità non si trovava nella vecchia classe politica, tanto che Seneca nel 58 d.C. fu accusato da Suillius, console nel 50 d.C. sotto l’imperatore Claudio, che si chiese come aveva fatto ad accumulare in soli quattro anni trecento milioni di sesterzi; osservazione che gli costò un tentato processo a cui Nerone si oppose. A livello giuridico Nerone introdusse l’intra cubiculum principis, ovvero l’abolizione delle procedure segrete e discrezionali, cambiando la prassi che prevedeva di emettere la sentenza lo stesso giorno del processo, ponendo un limite anche alle onerose parcelle degli avvocati e dei delatori, il cui compenso fu demandato all’erario. Questi provvedimenti gli misero contro molte persone della politica e dell’aristocrazia Romana, arrivando persino a far processare e condannare per mala gestione delle provincie i governatori che lo stesso imperatore aveva nominato. Un imperatore scomodo che tra il 54 ed il 61 d.C. processò dodici governatori, arrivando persino ad impedirgli di allestire i famosi spettacoli “circensi” tra gladiatori e bestie feroci, in cui spese di allestimento erano a carico dei contribuenti. Si inimicò anche la classe aristocratica, vietando ai residenti in Egitto di possedervi terre per costituirvi dei latifondi. Ma la goccia che fece traboccare il vaso per la classe politica e aristocratica Romana fu la riforma monetaria di Nerone, i cui prodromi li troviamo nel 57 d.C., quando tolse il controllo dell’aerarium Saturni (amministrazione della tesoreria) al senato, al cui posto mise i praefecti aerarii Saturni, facendo sì che i prefetti fossero senatori di rango del pretorio scelti direttamente da Nerone, con la conseguenza che il senato perse il potere di coniare moneta.  Nerone fece quello che dovrebbero fare i nostri politici oggi per risollevare le sorti della nostra nazione, in crisi per aver perso la sovranità monetaria e per l'alta tassazione che viene imposta alle imprese ed ai cittadini per risanare il debito che lo stato contrae con le banche centrali per farsi stampare moneta debito. 

La riforma monetaria avvenne tra il 63 e il 64 d.C., con relativo abbassamento del piede dell’aureus ed a un contemporaneo aumento del rapporto del denarius rispetto all’aureus. Con questa riforma Nerone cercò di riavviare l’economia attraverso un aumento della moneta circolante, portando al contempo un utile nelle casse dello stato ed il vantaggio delle classi medie di non usare l’aureus ma il denarius, con danno dei ricchi che avevano tesaurizzato l’aureus.

Ma notevoli furono anche le riforme che Nerone fece in tema di fisco innanzitutto con l’abolizione della portoria, ovvero l’abolizione delle tasse che si pagavano nei porti, eliminando i dazi di entrata e uscita delle merci che si scambiavano nelle varie provincie dell’impero, rendendo libera la loro circolazione. Ovviamente questo significava una diminuzione delle entrate tributarie da parte dell’erario, che venivano compensate da un aumento del volume delle tasse di compravendita, cui segui un moderato aumento delle tasse dirette. L’abolizione dei dazi danneggiava  sopratutto i senatori, che erano in primis i grandi proprietari terrieri italiani, che dovevano ora fronteggiare una maggior concorrenza da parte dei produttori delle altre provincie fuori dell’Italia. Non solo, anche i cavalieri, ovvero gli appaltatori delle tasse, avrebbero visto scomparire una fonte principale del loro reddito, a tutto vantaggio della popolazione che vedeva diminuire il costo della vita. Fu a questo punto che il senato, controllato in gran parte dai ricchi proprietari agrari, cercò di contrastare Nerone impedendogli di procedere con la sua riforma fiscale, cui l’imperatore reagì  emanando altri provvedimenti come l’abolizione delle sopratasse inventate dagli appaltatori, esenzione delle tasse per le navi mercantili che trasportavano il grano a Roma, rendendo pubbliche le norme fino ad allora segrete per l’esazione delle tasse, che non potevano inoltre essere richieste dopo un anno, e dando infine la precedenza ai processi contro gli appaltatori delle tasse. Queste furono le vere cause scatenanti che portarono alla famosa congiura dei Pisoni contro Nerone. Un imperatore fatto passare per pazzo, oltraggiando la storia, per coprire una verità scomoda al potere politico-religioso.

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