In sé e per sé lâassemblea di oggi era solo una formalità : era già scritto che la Fiat dovesse fondersi con la Chrysler e il suo centro direttivo spostarsi tra l'Inghilterra e l'Olanda. Se questâappuntamento aveva un significato, esso stava nel fatto che era lâultima volta che una riunione di azionisti della Fiat si teneva a Torino, cioè nella città dove lâazienda è nata e ha scritto tutta la sua storia, e soprattutto era anche lâultima volta che si teneva in Italia.
Nella storia della politica economica gli eventi fondamentali sono le acquisizioni (il pesce grande che mangia il pesce piccolo), le joint-ventures (i partenariati tra due o più soggetti che durano il tempo di raggiungere un determinato obiettivo) e le fusioni (due o più aziende che si congiungono per motivi di interesse, ma più spesso di sopravvivenza, e danno vita a una realtà completamente nuova). Lâoperazione che Sergio Marchionne, dal 2003 geniale e ineffabile top manager della Fiat, ha realizzato a partire dal 2009, è in realtà qualcosa di ibrido tra unâacquisizione e una fusione à unâacquisizione perché la Fiat, proprio grazie alla cura Marchionne, nel 2006 ripianò i propri debiti e nel 2009 poté proiettarsi sul mercato delle auto americane, allâinizio della grande crisi globale, per salvarne uno dei colossi, la Chrysler appunto; ma nello stesso tempo è anche una fusione perché Fiat aveva bisogno delle strutture e del background ingegneristico di Chrysler per rilanciarsi a livello internazionale. Insomma, la questione per lâappassionato di economia dallâanimo patriottico è la seguente: vedere il bicchiere mezzo pieno, e quindi considerare lâaffare Fiat-Chrysler una vittoria del colonialismo industriale italiano, per di più in casa americana, ma ottenuta âin maniera silenziosaâ, come direbbe lo stesso Marchionne; oppure vederlo mezzo vuoto, e in tal caso considerare il tutto come una strategia di delocalizzazione se non addirittura di emigrazione, in linea con il comportamento di altri giganti della nostra industria, in questo particolare momento storico.
Nel corso della riunione lâad Fiat (ma ormai Fiat Chrysler Automobiles) ha ribadito un concetto chiaro: âNon è più tempo di guardare alle nostre attività riducendo la prospettiva ai confini storici e ai domicili legaliâ. E si dice pronto al âsalto di qualità â, come anche il presidente John Elkann, che vuole una Fiat protagonista attiva in Italia, e anche nel mondo. Nessun dubbio, poi, da parte di Marchionne, sul rientro di tutti i dipendenti nelle fabbriche italiane.